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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo vI. — quINTa età'. 239
   improvvida, perchè incoraggiava ugualmente al bene ed al mal fare, e ponendo un medesimo fine alle sventure degli innocenti come ai rimorsi ed alle vergogne dei colpevoli, suggeriva agli uomini la via per uscire d'una vita misera od obbrob-briosa, non il modo di renderla felice ed onorata, altrettanto labile e malfida guarentigia della sicurezza e libertà dei cittadini era la sola bontà e prudenza dell' imperatore. Se quello era uno spediente, che poteva di volta 111 volta tornar utile ed anche onorato, quest'era un mero dono della fortuna; e la vita degli uomini come la salute degli iinperii non si dovrebbero commettere all'incerta efficacia degli spedienti e del caso.
   Nè noi vorremmo per questo dar tutta la colpa ai politici od ai filosofi, se troppo curanti del presente e mancando dei giusti elementi per risolvere cosi [gravi problemi, si trovarono alla fine delle loro ricerche ricaduti via via in uno sterile scetticismo, od accagionare gli autori, perchè la letteratura manifesti vivissimo in ogni parte quel contrasto tra le dottrine ed i fatti, tra le opinioni e le opere, tra il desiderio e la realtà, che era la più sincera espressione delle condizioni morali e politiche del secolo. D'un secolo, vogliamo dire, il quale era costretto a rimpiangere le glorie e le virtù passate senza alcuna fiducia di poterle rinnovare, ed a temere più che a bone sperare di un avvenire, elle gli era oscuro, quantunque ne contenesse in sè 1 germi, e cominciasse già ad adempierne le promesse. Perocché le idee precorsero anche allora come sempre gli avvenimenti ; e gli scrittori stessi che se ne facevano banditori, non riuscivano a spogliarsi interamente de'pre-giuclizii e delle cattive abitudini del loro tempo. Tacito, che chiama la religione di Cristo una esizievole superstizione, e Seneca, che professa le massime d'una filosofia pressoché cristiana nel tempo istesso che approva e difende in senato il parricidio di Nerone, ci fanno chiara testimonianza delle contraddizioni, nelle quali caddero forzatamente anche i più colti ingegni e gli animi più elevati. 0 il tenor della vita pugnava coi pensieri e colle dottrine dello scrittore, o cozzavan tra loro le varie parti d'una medesima dottrina, perchè vi si mescevano in mala guisa le idee antiche colle nuove, e la verità vi si confondeva coli' errore.
   Pertanto e la filosofia morale colla predicazione e coi conforti, che massime nelle nobili famiglie eran avidamente ricercati, e la satira coi frizzi e colle invettive, e la storia colle aspre censure dei vizii e colle austere meditazioni sui publici e privati iufortunii, ebbero ben poca ellìcacia sui costumi, e se pur valsero ad asciugare qualche lagrima, e ad impedire qualche delitto, non migliorarono realmente nè gli uomini nè le istituzioni.
   § 18. — Degli scrittori e della lingua.
   In una società ed in uno stato, come quello che abbiamo descr itto, è facile intendere quali condizioni fossero favorevoli, quali contrarie agli scrittoi . Essi potevano giovar; , largamente dell'amor delle lettere sparso in tutti gli ordini della cittadinanza, profittare delle biblioteche e delle scuole, che dappertutto si aprivano, dei premi proposti, in Roma e nelle provincie alle gare d'eloquenza e di poesia (1),
   (I) La più celebre di queste gare fu VAgone capitolino fondato da Domiziano nell1 anno 8fi. Il premio di poesia greca e latina, die vi si conferiva, fu per tutta la durata dell'impero romano la pii alta. n..ra deli1 ambizione deL poeti, i quali, nella speranza di ottenere dalla mano dell'imperatore questa corona d'olivo e di quercia, accorrevano a Roma dalle, più lontane provincie. E noi sappiamo che la memoria di questa incoronazione nel Campidoglio passò traverso al Medio Evo. e che Petrarca preferì ad ogni altra publica testimonianza d'onore la corona di cui fu ivi cinto per mano di un Senatore di Roma. Al povero Tasso quesla grande consolazione fu tolta dalla morte.
   Del resto su questo argomento è da vedere Friedlander. T, II, pag. 236 e la nota ìJ. 597-28, dove sono menzionati i temi ordinarii della gara, ed i poeti che vinsero il premio.
   Per le biblioteche ci basta ricordare l'Ulpia fondata da Trajano.