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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo v. — quarta età'. 235
   lascivia ; onde a poco a poco v'entra la sfacciatezza ed il disprezzo di sè e d'altrui. In colepo alla madre pare a me che nascono i vizii proprii di questa età: mimi, gladiatori e cavalli; i quali tenendo 1' animo tutto 'preso > che luogo vi lasciano alle buone, arti? In casa non si parla mai d'altro: entra nelle scuole, tu non odi altro in bocca, de' giovinetti, nè i maestri agli uditori contar altre favole ; perocché essi accattavano gli scolari non colla severità dell' insegnamento, nè colle prove dell'ingegno ma coi servili ossequii e colle lusinghe dell' ad,illazione » (1). E cosi della qualità, come della condizione de'maestri non ci fa migliore ritratto Giovenale, da cui apprendiamo che molti a' tempi suoi s'eran pentiti della vama e sterile cattedra, perchè a mala pena ne .ritraevano di che sostentare una faticosa e non onorata esistenza (2). Il che vuol dice che, od essi non meritavano miglior sorte, o i pai'onti erano assai poco premurosi di retribuirne degnamente le fatiche. Nell'un caso e nell' altro rimane chiaro che le famiglie non facevano generalmente gran conto della educazione de' loro figliuoli (3). E veramente chi avrebbe voluto o potuto darsi pensiero dell'avvenire lontano e mal certo, quando il presente bastava appena a saziare l'ingorda brama di piaceri, da cui tutti erano invasi1? L'egoismo, figlio della malvagità o della paura, aveva a poco a poco attutito negli animi il sentimento anche de'più sacri doveri; e la frequenza dei divorzii congiunta coll'im-punità degli adulterii distrutta quasi la famiglia, che è la pietra angolare d'una città ben ordinata e la sede naturale di tutte le virtù.
   Nè le materie scolastiche erano, si per sè stesse si per il modo con cu venivano insegnate, le meglio adatte a ben educare la mente e l'animo de'giovanetti. Imperocché nelle scuole di grammatica, scrive ancora Tacito, non attendevano quanto bisogna nè a conoscere gli autori, nè a meditare l'antichità, nè ad aver notizia delle cose, degli uoinin. e dei tempi, ma, passati leggermente i primi principi, correvano subito, ai retori. Dalla più parte de' quali nulla apprendevano che fosse veramente utile per la vita, ma solo una vana e dannosissima attitudine a discorrere e disputare sopra cause iinaginarie. Si davano le suasorie, come più facili e chiedenti minore accorgimento, ai fanciulli; ai più attempati e robusti le controversie. E una volta che
   10 scolaro mostrasse d'aver memoria pronta, lingua sciolta e coraggio di parlare in publico (il quale coraggio gli venivano infondendo a gara genitori e maestri, questi per farsene un vanto e dar credito alla scuola, quelli per raccomandare di buon ora il figliolo alla grazia dei concittadini o del principe), in un dì stabilito egli veniva condotto a recitare la sua prima orazione davanti ad un uditorio, che di solito era quel medesimo delle publiche letture. Così entrava nella vita publica; e poi, se-condochè lo portavan l'animo, l'ingegno ed il favore della fortuna, o diventava avvocato, o tornava ad essere, come aveva principiato, un ozioso declamatore. Intanto, checché fosse per essere in appresso, egli nella scuola s'era esercitato a sostenere ugualmente il prò ed il contro in qualsiasi controversia, e a non far deferenza di feg .oni buone o cattive purché giovassero a vincere l'avversario. I criterii del vero e del falso, del giusto e dell'ingiusto s'eran confusi a poco a poco nella sua mente rotta alle sottigliezze e guasta dalle violente esagerazioni. E quando nell' intelletto s'è offuscata o perduta la nozione della verità, come può l'animo amarla e difenderla'?
   11 successo diventa a poco a poco l'unica norma e misura delle azioni; e vincendo gli scrupoli anche delle anime pili oneste e schive, fa sì che i più cerchino lui solo e tutti almeno lo ammirino
   ({) Cap. 29.
   (2) Sai VII, 203 ed avanti.
   (3) Giuvenale ancora nella satira sesta, con breve ma ricisa interrogazione, dice :
   Scilicet exspectas, ut tradat mater honcslos, Atque alios niores, quam quos habet ? utile porro Fiholam turpi vetulae producere turnem (239-241). E nella settima, che niente costa meno ad un padre dell'educazione del figlio:
   ...............res nulla minoris
   Constabit patri, quam filius........