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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   LIBRO i'RIMO.
   giustissima l'avvertenza del lodatore: « che il popolo al postutto è meno avido di largizioni che di spettacoli, e che se le distribuzioni di danaro e di grano bastavano a far contenti i cittadini un per uno/per accontentare il popolo tutloquanlo erano necessari gli spettacoli » (1).
   Fossero dunque i principi buoni o cattivi, essi non potevano contare di reggere a lungo con mano sicura l'impero, se con questi mezzi non tenevano tranquilla ed occupata la popolazione della capitale. Dura necessità delle monarchie popolari, ma più della romana, nella quale nessuna certa e precisa norma di diritto publico assicurava la legittimità del principe, o regolava le ragioni ed i modi della successione (2). E il ricordo d'un imperatore tanto tristo, qual fu Nerone, non per altro, io credo, durò nella memoria del popolo sì lungamente, che molti non volessero credere alla sua morte, e ancora trent'anni dopo desiderassero e sperassero rivederlo, se non per il numero e la splendidezza degli spettacoli che diede durante il suo regno (3).
   Ma i publici giochi ebbero sotto l'impero una importanza anche maggiore che ai tempi della libertà, perciò che offrivano al popolo il solo ed unico modo di radunarsi e di manifestare liberamente alla presenza dell'imperatore i suoi desiderii, i suoi lagni, in breve le sue opinioni ed i suoi sentimenti. E gli imperatori approfittavano volontieri dell'opportunità che s'offriva anche a loro di conversare col popolo, e di cattivarsene l'affetto colle buone grazie e colla condiscendenza. Perciò quanto più eran teneri del favor popolare tanto più frequentemente intervenivano agli spettacoli, e prendendo viva parte alla publica gioja si mostravano premurosi di soddisfare alle preghiere ed alle acclamazioni delle moltitudini. Le quali erano sì generalmente riconosciute come la vera espressione dei desiderii del popolo, che Tito volendo, quand'era governatore militare di Roma, mandare alcuno all'estremo supplizio, appostò gente nel circo che durante lo spettacolo ne chiedesse ad alte grida la morte. E i Romani naturalmente beffardi, ed anche nei tempi della più dura tirannide non allatto dimentichi dell' antica libertà, non si lasciavano sfuggire l'occasione di lanciare durante lo spettacolo frizzi e motti acerbi non solo a questo o quel cittadino, ma allo stesso imperatore, e di fare all' occorrenza delle grandi e vere dimostrazioni politiche (4). Essi sapevano per prova quanto labile fosse anche la signoria del principe ; ed intendevano che egli poteva avere la forza d'opprimerli, non la sicurezza di regnare lungamente e tranquillamente senza il loro favore.
   Tali erano in sostanza le condizioni politiche di Roma nell'età di cui discorriamo: una nobiltà boriosa de'suoi titoli, ma già infetta d'uomini nuovi arrivati da tutte le terre dell'impero, soggiogata dal vizio e per lunga abitudine d'obbedienza spoglia d'ogni propria autorità nel governo dello stato; le antiche magistrature impotenti e la cosa publica nelle man dei nuovi ministri e favoriti del principe ; la plebe numerosa, povera, sfaccendata : e tutt'insieme una città corrotta, insaziabile di piaceri, turbolenta ed incapace, come scrisse Tacito, tanto di difendere la libertà, quanto di sostenere una servitù troppo lunga ed intera. In cima a tutti un principe creato per lo più dalla frode, dalla forza o dalla fortuna; il quale nell'illimitata sua podestà doveva sempre temere la perfidia dei cortigiani e degli amici, le insidie dei malcontenti, l'ambizione dei rivali l'umor vario del popolo e la prepotenza dei soldati. Niente adunque pareva sano e sicuro in questo impero, che pure abbracciava la più grande e la miglior parte del mondo conosciuto; e certo la sua decadenza sarebbe stata più rapida, se all'azione dei mali, che lo infestavano, non avessero fatto in
   (1) Frontone: Princip. hisl. B, 11.
   (2) La nomina del successore doveva farsi veramente per decreto del senato e delle cune (lex regia) ; ma ne' primi due secoli si nominarono di solito quelli che erano stati designati dall'antecessore. o per adozione, o col titolo di Cesare, o colla qualità di colleglli. Dopo Nerone si videro i primi esempi d'imperatori acclamati dalle legioni, che nei secoli successivi si ripeterono auche più frequentemente.
   (3) Svetonio. Vita di Nerone in line.
   (ù) L'uso di queste manifestazioni del sentimento popolare risale ai tempi della republica, e propriamente agli anni della guerra civile. (Vedi ancora Fricdliinder. Voi, 2, pag. l'i).