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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO Y. — QUARTA STA'. 229
   avvventurati liberti con donzelle delle più illustri famiglie. Felice, fratello di Pallade e procuratore della Giudea, sposò tre figliuole di re, delle quali una era nipote di Antonio e di Cleopatra, l'altra figlia di Erode Agrippa. La moglie di Claudio Etrusco era sorella di un console ; e di nobile lignaggio era pure Antistia Priscilla, la prima moglie d'Abascanto famoso liberto dei tempi di Domiziano. Più grave oltraggio non poteva farsi alla nobiltà, la quale, quantunque fosse assai lontana, come s'è visto, dall'antico splendore e quasi priva d'ogni potere, vantava ancora le sue gloriose origini e la lunga schiera dei suoi antenati.
   Contenuti cosi i nobili colla paura e coll'abitudine dell'ossequio, soddisfatti gli avari e gli ambiziosi d'ogni specie coi titoli, colle dignità e colla grazia del principe, la quale si poneva al disopra d' ogni benefizio o grandezza che per altra via si potesse acquistare, non restava agli imperatori per goder pienamente della loro potenza che d' accontentare la plebe, e questo fecero colle largizioni e cogli spettacoli. « II popolo, dice Giovenale, dacché non vendiamo più i nostri suffragi a nessuno, ha smesso ogni cura della cosa publica; e mentre in passato dava l'impero, i fasci, le legioni, tutto,
   ......................nunc se
   Continet, atque duas tantum res anxius optat: Panem et Circenses..............(1).
   Ma il vero è che di pane e di spettacoli la plebe romana era avvezza a pascersi fin dagli ultin i anni della republica, e come allora con essi gli ottimati compravano i suoi suffragi nelle elezioni, nelle leggi e nei giudizu, così oggi l'imperatore ne accattava la sicurezza del suo illimitato dominio. Solamente le largizioni dovettero ora essere più copiose, perchè nuova gente giungeva sempre dall'Italia e dalle Provincie ad accrescere la popolazione della capitale, e gli schiavi numerosissimi, che d'ogni cosa lavoravano senza mercede, rendevano oltremodo difficile a chi nascesse povero di menare onestamente la vita coll'esereizio di un'arte o di una professione. Quindi o si veva, come i proletarii, del pane publico; o confusi nella affannata turba dei clienti si doveva ogni mattino implorar 1* elemosina, che ricchi facevano superbamente distribuire alle porte delle loro case. Di mendicanti e parassiti si componeva in questo secolo la maggior parte della plebe romana: solo un certo numero di persone sapevano guadagnarsi il vitto col lavoro ed eziandio arricchire, ed eran coloro che non aveano sdegnato di esercitare quelle arti, le quali ai Romani eran parse n ogn tempo vili e disonorevoli (2).
   Ed anche gli spettacol furono in questo secolo assai più splendidi e costosi, che nel precedente, giacché dopo 1' esempio dato da Augusto, il quale, al dire di Svetonio, nella frequenza, nella varietà e magnificenza de'pubblici giochi passò innanzi a tutti, ciascun nuovo imperatore doveva di buona o di mala voglia accettare il retaggio dei suoi predecessori, e si videro i migliori principi rivaleggiare coi più tristi per cattivarsi il mobile favore del popolo collo splendor delle feste. Basti dire che l'avaro Vespasiano eresse il Colosseo, e che fu assa: lodato Trujano perchè si mostrò premurosissimo di appagare il grande amore dei Romai per gli spettacoli. Ed è
   (1) Sat X, 81, ecc.
   (2) Nella terza satira di Giovenale, Umbrizio enumera le più sordide di queste arti, dicendo che solamente a chi le esercilava s'addiceva oramai ed era lecito rimanere in città:
   « Cedamus patria..........
   . . . maneant, qui nigrum in candida vertunt, Quis facile est aedem conducere, flnmina, portus, Siicandam elmiem, portandum ad busla cadaver, Et praeberc caput domina venale sub basta ». (Ili, 29, ecc. ecc.)
   Ed era sopratutto lucroso l'uflicio di prucone : ciò che fa supporre che i mutamenti di proprietà fossero assai facili e frequenti. Vedi ancora Friedliinder, Voi. 1, pag. 234.