capitolo iv. — terza età1.
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più elevato di poesia lirica, egli non ha in Romane antecessori nè rivali (1). E potè a buon diritto vantarsi d'avere per il primo posto le libere orme in sentiero non tocco ;e divulgati in Roma canti non ancora uditi su bocca latina,
Libera per vacuum posui vestigia princeps, Non aliena meo pressi pede..........
Ilune ego non alio d.ictum prins ore Latino Vulgavi fidicen................(2)
E dei lirici greci, che prese ad imitare, preferì naturalmente quelli i quali, sia per la qualità degli argomenti, sia perii metro, sì potessero più facilmente rendere latini: la maschia Saffo dalle cui corde spiravano amorose fiamme, ed Alceo, il fervido petto del quale batteva egualmente per la libertà, per l'amicizia e per l'amore. Non osò emular Pindaro, che a guisa di profondo fiume discorre precipitoso con ritmi sci 'dti da ogni legge, ma simile all'ape Matina colse qua e là i fiori, di cui veniva con molto studio intessendo i faticosi suoi carmi.
.....Ego, apis Matinae
More modoque Grata earpentis thyma per laborem Plurimum circa nemus avidique Tiburis ripas, operosa parvus Carmina fingo (3).
Nè si ha però a credergli quando con festosa ironia si protesta inetto a celebrare le grandi azioni de' numi e degli eroi, ed aiferina che alla modesta sua musa meglio s'addicono i geniali banchetti e le amorose pugne delle donzelle ; giacché non vi è genere di poesia lirica eh' egli non abbia trattato. Le cure, gli affanni, le amarezze, le gioje cui a volta a volta ti suscitano in cuore l'amicizia, l'amore e gli altri mille casi della vita : le festività publiche e private, i grandi avvenimenti del giorno e l1 ore trascorse in solazzevoli brigate cogli amici, le scene stesse della natura, che or trist or liete, secondo il mutar dell'ore e delle stagioni, come sopra limpido specchio vengono a dipingersi nella fantasia e nell' animo del poeta, questi ed altri simili, che ognuno può facilmente imaginare, furono i motivi de'carmi oraziani. E son quelli che in ogni tempo per la loro spontaneità diedero alla poesia quella freschezza, quel calore, quella evidenza, per cui il lettore sente in sè quasi la medesima impressione che gli farebbono le cose da esso vedute o patite. Giacche quel precetto che Orazio dava al poeta dramatico di pianger lui primo, se voleva che gl spettatori piangessero alle sue parole, ei l'ha fedelmente osservato in ognuno de' suoi carmi : e il potè fare perchè dalla verità, non dall' arte soltanto e dallo studio, da alti convincimenti e da affetti veramente sentiti traeva l'ispirazione. Alla quale rispose poi sempre puntualmente la forma, che dalla canzone amorosa all'inno eroico, dall'ode morale e religiosa al ditirambo bacchico passa per tutti i ritmi della musa lirici. Perocché non fallì a lui la prova audacissima di piegare la lingua e lo stile latino alla varietà dei ritmi lirici, e scrisse strofe alcaiche e saffiche, le quali per chiarezza ed armonia non cedono alle originali. Così tutta la metrica greca era oramai entrata nel Lazio: e i Romani ebbero, ciò che pareva più alieno dall'indole e dai costumi loro, un vate lirico non di molto inferiore ai Greci nell'età sua, ed oggigiorno letto e meditato assa' più di quell' istesso Pindaro, cui egli non osava emulare,
(1) E notissima ìa sentenza di Quintiliano che lo giudicò il solo lirico latino degno di essere letto « fforatius lyricorum fere solus leqi dignns » (Inst, Or. X, i )-
(2) Epist. 1. 21, ecc.
(3) Carni IV. 2,