capitolo iv. — terza età'. '197
Escirono però dalla volgare schiera e si ebbero lodi particolari dai loro confratelli ed amici :
L. Vario Rufo, l'intimo di Orazio e di Virgilio, ed il più vecchio dei poeti del secolo, che cantò la morte di Cesare e le gesta di Augusto. Dodici versi del primo poema, che ci furono conservati da Macrobio (VI. 1. 39 e 2. 19), non sono indegni della lode datagli da Orazio, quando non era ancora composta la Eneide, che nella poesia epica forse nessuno l'uguagliasse (1).
Rabirio, che Vellejo Patercolo non dubitò di collocare daccanto a Virgilio, ma Orazio non nomina tra i poeti epici. Cantò la battaglia d'Azzio, e si crede ora d'averne trovato un frammento tra le ceneri d' Ercolano.
Cornelio Severo, autore di una guerra sicula, che fu la guerra di Ottaviano contro S. Pompeo nelle acque della Sicilia.
Costoro trattarono argomenti di storia contemporanea: ma di gran lunga maggiore è il numero de' poemi mitologici, tra gli autori de' quali basterà menzionare Pontico, Pompeo (?) (2) Macro, Pedone Albinovano, e, beato per le lodi di Orazio, Giulio Antonio, che cantò in 12 libri le prodezze ed i casi di Diomede (3).
Da ciò vediamo che anche gli epici di questo secolo o tentarono di cavare qualche vena di buona poesia dai fatti più illustri della storia nazionale, o consumarono l'ingegno e la fatica imitando o traducendo i poeti alessandrini. Opera vana facevano tutti; ma questi più di quelli, perchè non li giustificava nè anche l'intenzione di giovare, celebrando fatti domestici, alla patria. E negli uni e negli altri dovette Orazio trovar più di un esempio di que' poetuzzj gonlì, pettoruti, che con una notissima imagine somigliò a montagne partoritoci di ridicoli topolini.
Che se ora volessimo sapere il perchè di tante epopee, e del pregio che anche scrittori eccellenti in altri generi di poesia annettevano al nome di poeta epico, noi lo troveremmo innanzi tratto in quel pregiudizio letterario, che poneva questo genere al disopra di tutti gli altri ; tanto che Orazio scrivendo satire potesse dire scherzando ch'egli non era poeta, e che questo nome non poteva darsi se non a chi possedesse ingegno divino e voce altosonante. v
Ingenium cui sit, cui mens divinior atque os Magna sonaturum, des nominis hujus honorem (1).
E mancando ancora dopo Nevio ed Ennio, per la loro troppo antica rozzezza messi in disparte, chi potesse portar un tal nome, il desiderio di acquistarlo doveva essere un forte stimolo alla ambizione de' poeti : la sola oramai che si potesse avere senza pericolo nel regno di Augusto. Il solo Orazio (5) forse ne andò scevro, come già fu detto, perchè solo seppe misurare le proprie forze e le difficoltà del genere, e vedere che come non metteva conto di cantare per mero passatempo Cadmo, Cecrope ed Alcide, cosi da nessun fatto della storia patria potevasi trarre il soggetto di un'alta e verace epopea.
L'altro motivo è da cercare nella condizione de' tempi, ed è quel medesimo che fece narrare a Tito Livio tutta quanta la storia di Roma. Difatti non mai l'orgoglio nazionale de' Romani dovette essere si grande come ora che, cessate le civili discordie, tutt: i popoli parevano accettare volonterosi e quasi riconoscenti la loro dominazione ; e nessun momento poteva essere più opportuno agli storici ed ai poeti per raccontare, donde e come si fosse venuta formando nel volger de' secoli quella smisurata potenza, che pel voler de' numi e per la salute del mondo erasi ad un
(1) Sat. I. 10. P-fl.
(2^ Con questo nome ora si vuol distinguere, come vedremo a suo luogo, da Emilio Macro (Teuffel. L. R.
(o) Carni. IV. %
(ii) Sat. I. H 5.
(B) Anche Properzio derise in Pontico l'ambiziosa brama d'essere poeta epico.