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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   libro i'rimo.
   E per cominciare dalla prima specie, se Maero, Manilio ed altri non ebbero poetando altra mira che di compiacere al gusto dei contemporanei, i quali amavano che il poeta facesse loro mostra di peregrina erudizione e tormentasse l'ingegno e lo stile a comporre eleganti descrizioni, le Georgiche, che sono certamente il maggiore componimento didattico dell'età di Augusto, e, dopo il poema di Lucrezio, di tutta la letteratura romana, ripetono l'origine da sentimenti ben più elevati, e mirano, come tutte le scritture di Virgilio, ad uno scopo civile e nazionale II poeta, nel-1'animo del quale fu sempre potentissimo l'amore della natura, e squisito il senso delle bellezze che l'adornano, in quei felici momenti della ispirazione giovanile, quando le forze son fresche e l'entusiasmo fa parer facile ogni più ardua impresa, aveva pensato di emulare la gloria di Lucrezio, scrivendo con arte più perfetta un poema, che abbracciasse tutti i fenomeni e tutte le meraviglie del creato.
   Me vero primum dulcis ante omnia Musae, Quorum sacra fero ingenti percussus amore, Accipiant, caelique vias et sidera monslrent, Defectus solis varios,lunaeque làbores; linde tremor terris, qua vi maria alta tumescant Objicibus ruptis rursusque in se ipsa residanl, Quid tantum Oceano properent se tinguere soles Tliberno, vel quae lardis moro, noctìbus oostet. Sin, has ne possim naturae accedere parlis, Frigidus obstiterit circum praecordia sanguis: Rura mìlii et rigui placeant in vallibus amnes Flumìna amem silvasque inglorius (1).
   Da questi bei versi si vede che la mente gli correva in que' giorni ai poemi filosofici della Grecia, ed ambiva l'onore di porsi alla sua volta sulle orme di Seuofane, di Parmenide, di Empedocle, come più tardi gli successe di rivaleggiare almeno in parte con Omero. Ma l'assunto di contendere la palma a Lucrezio era molto difficile, e per l'ingegno di Virgilio più delicato che profondo forse non privo di pericoli : poi l'età, la quale, com'egli dice, gli aveva fatto più freddo il sangue, e la voce di un potente amico lo ridussero a meno ambiziosi, ma più utili consigli. E cantò gli us: e le parti varie dell'agricoltura, la quale per il lusso de' grandi signori e per i disastri delle guerre chili pareva poco meno che abbandonata. Onde l'Italia, quest'antica madre di biade e d'eroi, già dal 713 pativa dura fame, essendoché i veterani non valessero a coltivare le terre che loro erano state distribuite, ed i ricchi profondessero tesor-j a costruire ville e palagi regau, lasciando, come scrisse Orazio, pochi juger all'aratro, e adornando di sterili platani di mirti, di viole e di quanti son fiori e piante odorose i campi già di vini, d'olive e d' altre frutta fecondi all' antico padrone. I loMfondi cominciavano a perdere l'Italia, dacché nè 1' opera degl schiavi fruttava come quella degli uomini libei^ nè i pascoli davano ai padroni ugual profitto come le terre coltivate; e l'amor dell'ozio, de'piaceri, e quello stesso spirito d'avventura, che in tempi di guerre e di rivoluzioni trae alla città tutti coloro che s'affidano alle fallaci speranze di subiti guadagni, aveano distolto le menti e le braccia dall' agricoltura, e le campagne erano squallide, perchè non si potevano o nou si volevano coltivare.
   E il lamento di questi mali è comune a pressoché tutti i poeti di questa età: sicché non si dà ad essi piccola lode dicendo che pensarono di giovar grandemente alla patria, risvegliando nei Romani 1' amor di queir arte, in cui le più belle e più austere virtù mettevano radice, ed era stata cagione che da piccolissimi principii sorgesse un impero si vasto e potente. Ma prima ancora che dai poeti, questo de-
   (1) Virg. Georg. II 475-A86