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libro i'rimo.
da loro (1). Il popolo intanto, o chi credeva d'interpretarne i sentimenti, alle lusinghe dell'arte nuova opponeva la ostinata venerazione della poesia e degli scrittori antichi : soli grandi per lui e veramente degni del nome romano. E nascevan fra le due scuole accanite controversie, alle quali si mescolava di soppiatto anche la politica, piacendo ai lodatori di Ennio, di Pacuvio, di Plauto, di Lucilio, di essere creduti gli ultimi difensori delle vetuste glorie cittadine, che altri voleva ora distruggere in ossequio al nuovo padrone e nume. I nuovi poeti vinsero naturalmente,
saggio in quel Quimilio Cremonese amico suo carissimo e di Virgilio, al (piale se tu avessi recitato qualcosa :
corrige sodes Hoc «ajebat» et hoc: melius te posse negares Bis terque expertum frustra, dolere jubebat Et male tornatos incudi redderc versus. Si defendere delicfuni (piani vertere inalles, Nullum ultra verbuni aut operam insumebat inanem, Quin sino rivali teque et tua solus amares.
E con queste critiche si formava a poco a poco un sistema di avvertimenti e di norme per chi volesse diventar poeta, una vera teorica dell' arte, come quella che ci viene esposta da Orazio nelle Ire lettere del II libro, specie nell'ultima ai Pisoni. iNè dalle censure andavano naturalmente disgiunte le reciproche lodi, e di qui uscivano gli annunzi, alle volte un pò1 enfatici, de'nuovi poemi, come quello che Properzio fece dell'Eneide di Virgilio :
Cedite Romani scriptores ccdite Graii, Nescio (pud niajus nascitur Iliade.
Augusto assisteva a queste recite, e le ascoltava, dice Svetonio (capo 89), con molta benignità e pazienza. È però notevole che, quantunque non fossero ancora aperte al publico, Orazio già se ne disgustava, ed anche agli intimi amici non leggeva i suoi carmi se non se costretto (Sat. 1. k. 715).
Nec recito cuiquam nisi aniicis, idque coaclus, Non ubivis corainve quibuslibet......
E nella lettera diciannovesima del libro I (39) :
Non ego, nobiliuni scriptorum auditor et ultor, Graminaticas ambire tribus et pulpita diguor.
E molti erano già che leggevano in piazza e ne1 bagni, godendo d' udir le volte echeggiare soave mente a' loro versi.
...........in medio qui
Scripla foro reeitent sunt multi quique lavantes: Suave locus voci resonat conclusus, inanes Hoc juvat......
Naturale che so ne dilettasse invece moltissimo quello spirilo leggiero di Ovidio, e piangesse fra i Gcti d'aver nessuno a cui recitare i suoi versi (Trist. III. 14):
Nullus iri hac terra, recilem si carmina, cujus Intellccluris auribus utar, adest.
Del resto il meglio che si possa dire intorno a questi sodalizii si trova raccolto ed esposto con molta brevità e chiarezza nella Storia di Bernardliy, pag. 74 e (note tìB e 190).
(1) Odi profanimi vulgus et arceo: è il notissimo esordio di que' maraviglisi sei primi canni del III libro; e sentimenti consimili tornano ad ogni più sospinto, come si vedrà a suo luogo, in tutte le poesie di Orazio.