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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo iy. — terza età*.
   181
   a Tacito la storia di Roma non venne composta da scrittori latini, se non per adulare i potenti mentre vivevano e vituperarli estinti (1).
   Non partecipando, per essere forastieri, alle fazioni politiche, e per la lingua nella quale scrivevano non avendo alcuna azione diretta sulle moltitudini, per leggerezza di spirito e lunga abitudine di servitù facilmente arrendevoli alla necessità de'tempi ed abilissimi a trarne profitto, autori greci in buon numero occuparono il campo abbandonato dai latini, e scrissero di storia sotto Augusto Timagene d'Alessandria, Nicolò Damasceno, Diodoro Siculo, Dionigi d'Alicarnasso, Strabone, il re Giuba ed altri (2).
   Anche la Giurisprudeuza dovette piegarsi alla nuova ragion di stato, dacché Augusto per crescere autorità alle risposte de' prudenti, ebbe prescritto che fossero date in nome e d' autorità del principe. « Ante tempora Augusti, scrive Pomponio (3), public e rcspnndendi jus non aprincipibus dabatur, sed qui fìdueiam studiorum suo-rum habebant consulentibus respondebant.... primusDivus Augustus, ut major juris auetoritas haberetur, constituit ut ex auctoritate ejus responderent ». E con questo esse vennero ad acquistare tanto d'importanza, quanto forse perdevano di libertà, prendendo nella scienza e nella pratica il posto che già tenevano gli editti pretori! ; che se fossero concordi avevano valor di legge (4). D'un così alto privilegio si valsero i giureconsulti per coltivare vie meglio la scienza, e già fin d'ora la discrepanza d'idee, di metodo e di sentimenti tra Labeone e Capitone, dei quali il primo resisteva insieme con Cascellio ostinatamente alle lusinghe del nuovo potere, mentre 1' altro ne aveva accolto assai facilmente i favori, dava origine alle due scuole dei Sabiniani che procedevano da Capitone, e dei Proculeiani che erano i seguaci di Antistio Labeone. Quell' positivisti, questi razionalisti, perocché, come c'insegna ancora Pomponio (5), « Atejus Capito in his, quae ei tradita fuerant, pcrseverabat, Labeo ingcnii qualitate et fiducia doctrinae, qui et ceteris operis sapientiae operam dederat, plurima innovare instituit».
   Dopo l'impulso datole da Cicerone e da Lucrezio, e per la stessa condizion generale delle menti e dei costumi, la filosofia non poteva mancare di cultori in un secolo che s'era preso di tanto vivo amore per ogni maniera di alti studii ; scritti filosofici composero Augusto (6) e Tito Livio (7), e non vi è quasi genere di letteratura nel quale essa non sia penetrata (8). Ma tutti costoro erano dilettanti: se ne togliamo Q. Sestio Nigro, ed il figlio di lui d'ugual nome, che ancora scrissero in greco, Crassizio, Papirio Fabiano ed altri pochi.
   Grande fu invece il numero degli archeologi, dei grammatici e degli eruditi d'ogni maniera, tra i quali, ad onore del secolo e di questi studj, basta per ora ricordare i nomi di Fenestella, di Santra, di Sinnio Capitone, di Yerrio Fiacco e di Giulio Igino.
   (1) Ann. 1.1. «Temporibus Augusti dicendis non defuere decora ingenia, donec gliscente adu-latione detcrrerentur. Tiberii Gajquc et Claudii ac Neronis res florentibus ipsis ob metum falsac, postquam occiderant recentibus odiis compositae sunt».
   l'i) E. Burnouf. Hist. de la littérature grecque T. II, pag. 514 e seg.
   (3) Dig. I. 2. 2. 47 (49).
   (4) Gajus. Instit. 1, 7: « responsa prudentium sunt sententiae et opinioncs corum quìbus per-missum est jura condere. Quorum omnium si in unum sententiae concurrant, id quod ita sentiunt leg. vicem oplinct ». E Seneca (Epist. 94. 27) « jnrisconsultorum valent responsa, etiam si ratio non redditur ».
   (8) Dig. 1.2.2. 47.
   (6) Vedi la nota (2) a pag. 177.
   (7) Vedi la nota (4) a pag. 480.
   (8, Pieni di alta e squisita filosofia sono tutte le poesie di Orazio: filosofo, matematico e naturalista fu Virgilio, clic per la sua fama di savio gentil che lutto seppe fu da Dante assunto a compagno nel viaggio a' regni della morte, e il Medio E^ lo onorò o lo temette come mago.