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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   176
   libro i'rimo.
   ristabilire il nome e la felicità della patria. Pertanto a somiglianza della politica, anche la letteratura doveva essere pacifica e conservatrice : rimettere in onore le arti e le virtù antiche, riaprire i temidi, rialzare gli altari e le atterrate statue de' Numi, ricondurre ne' cuori la castità e la fede, e stringendo in un solo vivissimo alletto ia patria ed il principe, persuadere a tutti che gli alti destini della città s' erano compiuti in Augusto, il quale regnava per volere del cielo e per diritto ereditato dagli avi suoi, che erano i primi fondatori della gente latina.
   .......genus unde latinum
   Albanique patres atque altae moenia Romae.
   E giova dire che a recar in atto questo pacifico componimento tra il passato ed il presente della republica, a fondare un nuovo ordine di cose che paresse come la continuazione ed il naturale compimento dell' antico, nessuno era più adatto di Augusto. Perocché venuto dopo Cesare egli aveva con lungo accorgimento saputo evitare i pericoli ne'quali era caduto il suo grande antecessore; poi dopo la morte di Bruto e di Cassio, la disfatta di Pompeo, la spogliazione di Lepido, la uccisione di Antonio, la republica era rimasta senz' armi, e capitano della parte vincitrice egli solo, sicché non gli era stato guari difficile acquistar lode di longanimità e di modestia pel modo con cui seppe recarsi in mano un impero, che nessuno più gli contrastava. Egli poteva senza pericolo conservare i nomi delle istituzioni republicane, dacché la cosa era scomparsa; e raccogliendole in sè farsene a poco a poco stromento dì illimitato potere. «Postquam Bruto et Cassio caesis nulla jam publica arma, Pompejus apud Siciliam oppressus, eocutoque Lepido, interfecto Antonio ne Julianis quidem partibus nisi Caesar dux reliquus, posito triumviri nomine eonsulem se ferens et ad tuendam plébem tribunieio jure eontentum, ubi militem donis, populum annona, eunetos duleedine otii pellexit, insurgere paulatim, munia senatus magistratuum legum in se traliere, nullo adversante, cum ferocissimi per acies aut proscriptione cecidissent, celeri nobilium, quanto quis servitio promptior, opibus et honoribus extollerentur, ac novis ex rebus aucti tuta etprae-sentia quam vetera et periculosa mallent, neque provinciae illuni rerum skttum abnuebanl, suspecto senatus populique imperio ob certamina potentium et avari-tiam magistratuum, invalido legum auxilio, quae vi, ambilu, postremo pecunia iur-babantur » (1). Così alla distanza di un secolo Tacito tratteggiava la parte di Augusto in questo grande rivolgimento. Soddisfatte le cupidigie, le ambizioni, e perfino le piccole vanità di ciascheduno, alla brama degli onori e della popolare rinomanza surrogata la grazia del principe, che tutti a gara ricercavano, accontentate Roma e l'Italia coli'ordine e colla tranquillità, liberate le provincie dalle vessazioni di proconsoli avari e crudeli, egli aveva potuto coprire colla veste della legalità l'usurpazione, e dar colore d' opere grandi e giuste ai successi d'una profonda astuzia e d'una fortuna veramente singolare. Della republica restavano gli ordini, i magistrati, le leggi a persuadere il popolo che non sì volevano abbandonare le tradizioni de'maggiori, che il nome di Roma non sarebbe stato ora meno grande e rispettato di prima, e che solamente s'era voluto raccogliere nelle mani d'un principe la somma delle puhliche podestà, acciocché egli potesse esercitarle più sicuramente a tutela dei diritti di ognuno e della comune salute. Della libertà s' erano parati i danni, rimossi i pericoli mentre la difesa delle leggi veniva commessa a chi non aveva più motivo di violarle, perchè non avea bisogno o desiderio di estendere davvantaggio la sua potenza.
   Son queste veramente le vie per le quali in ogni tempo e paese uomini fortunati ed accorti ottennero la signoria di popoli liberi ; ma nessuno, giova dirlo, ebbe pili gran fortuna o mostrò maggiore avvedutezza e temperanza di Augusto. Clio se
   (1) Ann. I SS,