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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   libro i'rimo.
   Nulladimeno e la imitazione dei Greci, che (la ben due secoli si veniva facendo con indefesso studio sopra altri autori, ed i progrossi deila lingua che s'arricchiva ogni giorno di nuovi pregi, sarebbero stati senza la maturità de' tempi insufficienti a dotare la letteratura romana di quost. ultimo genere di poesia, che presso altri popoli fu il primo. E veramente dacché 11011 aveva essa potuto scaturire a tempo nè dal sentimento religioso, nè 'dalla carità di patria, e lo stesso spirito guerresco della cittadinanza non avea saputo creare che le beffarde canzoni trionfali ; era pur mestieri che dovesse l'origine ad un' altra specie di sentimenti, forse meno elevati e puri, ma 1 soli che fossero rimasti a commovere gli animi d'ogni altra cosa già sfiduciati e stanchi. Non fede negli Dei, non amore della libertà che si vedeva perire nel sangue; allentati con ciò i vincoli che congiungevano i cittadini alla patria, ed essi diventati più oziosi e più liberi di secondare le naturali propensioni, di condiscendere al genio, come dicevano, i Romani trovarono nell'ebbrezza dei piaceri sensuali un motivo d'ispirazione lirica fin lì ignorato. Ciò che non avean potuto Dio e la patria, fece l'amore : e che tristo amore ! perchè la licenza avea rotto ogni freno, e le più turpi voluttà venivano cantate collo stesso entusiasmo, dipinte cogli stessi vivi colori come altri farebbe delle gioje più pure e gentili.
   E leggendo i carmi di Catullo, che sono certamente i migliori del genere e dai quali spira pur qualche volta un profumo soavissimo di bellezza e d'amore, noi siamo troppo spesso offesi dalle oscene imagini dei più brutti vizii di quel tempo. Onde se in quegli endecasillabi, e più forse negli epigrammi, dove colle fiamme dell'amore si mescono bene spesso gli odii di parte e le ire letterarie, lo storico può trovare larga materia di ricerche e il filosofo di meditazioni sulle peggiori specie delle umane turpitudini, gli amici della buona poesia deploreranno che l'appassionato cantore di Lesbia non abbia saputo correggere col freno dell'arte la foga de'subitanei affetti, ed essere, che lo poteva, senza danno della vivacità e della naturalezza, più castigato e men duro
   Del resto quantunque fosse assai circoscritta e rade volte profonda, come quella che non mirava tanto a scuotere ed elevare l'animo con forti affetti, quanto a vellicare gradevolmente i sensi con imagini voluttuose, quantunque sia anche nella forma qua e là dura 0 negletta, la lirica di Catullo fece però dar un gran passo all' arte ; e se fu giusto dire che nella interpretazione delle leggi della natura Virgilio camminò un gran tratto sulle orme di Lucrezio, non farebbe torto al vero chi affermasse che quanti versarono da poi la piena dell' animo in amorosi versi abbiano molto imparato da questo, che forse fu il più appassionato, e certo il più facile e Leggiadro de'poeti erotici latini.
   Negli epigrammi egli lasciò un esempio insuperabile di quella invettiva acerba e bene spesso crudele di cui molto si dilettavano i Romani ; della quale si vuol però dire, che se recava profonde e talvolta insanabili offese, non era sempre sicuro indizio nè di un animo altamente commosso, nè di un saldo convincimento. Del che ne fece testimonianza il nostro poeta, quando, dopo le tante ed atrocissime ingiurie vomitate contro Cesare, si lasciò anch' egli da quel grande domatore d'uomini mansuefare con un banchetto (1). Onde è ben lecito pensare che egl sarebbe stato, se l'osse vissuto, con Vario, con Virgilio, con Orazio del bel numero degli amici e cortigiani di Mecenate ; poiché, non giova dimenticarlo, gli animi a questi temi) eran fiacchi, e non accadeva di rado che un breve lampo d'ira, un impeto d' audacia 0 di valore fosse pagato da molti anni di quieta soggezione. Il solo vero e profondo affetto di questa gente, quello che soprastava e sopraviveva a tutti gli altri era l'amor dell'arte; perchè da essa sola potevano ancora ricevere delle gioje senza amarezze, e in essa riporre quella grande ed antica speranza dei poeti, che è l'immortalità del nome. E noi vediamo che di questo amore Catullo adorna gl ultimi anni della sua vita, sperando ancli'egli che il lepido suo nuovo libricino testé con arida pomice ripulito
   Plus uno mancai perenne saeclo.
   (1) M. Patin, ecc. Voi. i, pag. «8.