156 LIBRO I'RIMO.
Cesare col racconto delle guerre galliche e dello guerre civili volle dire ai Romani che solo chi aveva come lui soggiogata in breve tempo una fortissima nazione, e vinto un rivale chiarissimo per trionfi militari, per forze di terra e (li mare, per l'amicizia dei più ricchi ed autorevoli cittadini, per il favore del Senato e dei magistrati, che a lui avevano commesso la somma delle cose, potentissimo, era degno di tenere l'impero della republica, quand'essa da sè e colle antiche leggi non si poteva più governare ; Sallustio, che prima di scrivere non aveva alcun titolo alla stima ed alla fiducia dei suoi concittadini, volle colla Congiura di Catilina e colla Guerra di Giugurta lasciare a loro un'insigne documento nel quale tutti leggessero perchè quella si grande audacia di Cesare fosse divenuta, non che possibile, salutare e necessaria.
E alla diversa indole degli scritti risponde mirabilmente lo stile: piano in quello, schietto, leggiadro, e per purezza di lingua irreprensibile; in questo forte, concettoso, severo, e non senza affettazione di queir antichità che si veniva ogni giorno perdendo ne'costumi e nella lingua, e verso la quale correvano, mentre componeva, il pensiero e l'animo dello scrittore.
Così Roma ebbe da questi due uomini tanto nell'ingegno e nella vita differenti le due prime opere storiche che potesse degnamente contrapporre alla Grecia : perocché Cesare non è nello scrivere inferiore a Senofonte, e Sallustio meritò con un'arte profondissima d'essere paragonato a Tucidide (1). La storia preconizzata da Sempronio Aseliione era nata (2), e schiuso il campo nel quale altri doveva di lì ad un secolo mietere nuovi e più splendidi allori.
Minore di questi due grandi, quantunque pregevole ancora per belle doti d'ingegno e di stile è Cornelio Nipote ; piuttosto narrator piacevole e delle lettere come dei costumi critico assennato ed onesto, che non vero e profondo storico. Perocché, sia colpa sua o della fortuna, che lasciò malmenare da altri ì suoi scritti, nè sempre si può credere alle cose che narra, nè la lingua e lo stile sono da ogni parte corretti. Tra gli storici di questi tempi voglionsi pure annoverare i cont • nuatori di Cesare : Irzio, e l'ignoto autore delle guerre d'Africa e di Spagna. E nuovi documenti alla storia, come nuovi stimoli a scriverla, furono apprestati in questo volgere d'anni da Cesare : per ordine del quale fino dal 695 le novità d'ogni giorno si publicavano regolarmente negli atti del senato (acta senatus) e negli atti del popolo od atti diurni (acta populi, acta diurna). Erano questi ultimi una specie di Gazzetta ufficiale, che si compilava ogni giorno per cura di un redattore ufficiale, e da appositi intraprenditori veniva trascritta e messa in giro. Sgraziatamente non ne abbiamo reliquia (3).
Insieme colla storia e colle Gazzette non potevano in tempi di così accese gare partigiane mancare i libelli politici. Ne scrissero contro Cesare M. Varrone, C. Scri-bonio Curione ed Aulo Cecina, per tacere gli epigrammi di' Calvo e di Catullo : ma l'impulso e la più forte occasione venne dalla morte di Catone, il quale levato a cielo per le lodi funebri di Cicerone, di M. Bruto, di M. Eadio Gallo e di Munazio, fu aspramente vituperato da Irzio, da Cesare, da Metello Scipione, e più tardi da Augusto.
Così per opera degl oratori, degli storici,-de'giurisperiti e de'filosofi la prosa aveva raggiunto l'ultimo grado della perfezione, e gli insegnamenti della scuola cospirando coli' arte e colla esperienza degli scrittori, s' era formata quella bella lingua
(1) Vedi, a pag. 5, il giudizio di Quintiliano,- e Vellejo Patercolo (11.30.2) avea già detto: « aemulum Thuc} didis Sallustium ».
(2) Vedi pag. 121 E Marziale (XIV. Ì91) chiamò Sallustio il primo scrittor di storia romana.
Primus Romana Crispus in historia.
(3) Il meglio su questa istituzione di Cesare, e sulle sue vicende è stato detto, per quel che a me pare da Emilio Huhner nell'opuscolo intitolato De Senalus populique romani actis. Lipsia. leubner, 1860.