CAPITOLO Iii. —- sEcondA ETÀ'.
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enim alio modo a miseria quasi aberrare possum » : ed allo stesso dal Toscolano « Quod nisi mihi hoc venisset in mentem, scribere ista nescio quae, quo verterem me non haberem». E scriveva di notte con una celerità febbrile pari al dolore che gli rodeva l'animo. Totos dies scribo: manda ancora ad Attico da Astura, e da Anzio « Equidem credibile non est quantum scribam die, quin etiam noctibus. Nlhil enim somni>->. E tanto lavoro compiuto in si breve tempo ci farebbe veramente maravigliare, se egli non si fosse preso la cura di avvertirci come scriveva. Ad Attico che gli poteva fare la stessa domanda, che ci facciamo ora noi: « Dices: qui lalia con-scribis? » risponde dalla villa Toscolana: 'hnoypc/.ya. sunt, minore labore fiunt, verba tantum adfero, quibus abundo. Trascrivo, dice: e ad un uomo sì lungamente addestrato nel maneggio dello stile, chi vorrà pensare che mancassero le parole?
Nondimeno così le cagioni come la maniera stessa di scrivere fecero sì che mancasse alle sue opere quasi ogni carattere di originalità, e che pur nella esposizione delle dottrine altrui incorresse tal fiata in gravi contraddizioni ed errori. Egli prima di tutto non attinse che poche volte alle fonti più antiche della filosofia greca, non consultò i capi delle varie sette, ma gli scrittori viventi o che di poco eran lontani dall' età sua. Quindi espresse le varie opinioni dei filosofi intorno ai problemi che discuteva non dai maestri ma dagli scolari, non da Aristotile, da Epicuro, da Zenone, e neppure sempre da Platone, ma da Antioco, da Fedro, da Crisippo, da Panezio, da Cameade, e via via. E in secondo luogo gli mancò per la fretta assai volte l'agio di bene intenderli, e per la povertà della lingua il modo di renderne i pensamenti con filosofico rigore. Pure i servigi resi da Cicerone alla filosofia furono ancora grandissimi ; cliò per lui essa divenne primamente un ramo della letteratura romana, per lui ci fu conservata tutta quella parte delle dottrine greche di cui le opere originali andarono perdute, per lui finalmente fu provata tutta l'ampiezza e la duttilità del latino ad esprimere le idee filosofiche. Egli fu, si può dire, il creatore di una nuova lingua; e non è questo picciolo merito in chi tanti già ne aveva alla estimazione ed alla riconoscenza degli uomini.
Già fu detto quali tra le sette filosofiche della Grecia fossero più accette in Roma, ed a chi. Il rigido stoicismo di Catone, come il desolato epicureismo di Lucrezio sono però una eccezione in questo secolo ; perocché gli scrittori come gli uomini di stato usavano pigliare da'vari sistemi ciò che più loro accomodasse. Onde era di moda in Roma come nella Grecia 1' eclettismo, che si componeva diversamente secondo il vario gusto delle persone. Cosi, per cagione d'esempio, Varrone stoico in tutto era academico nell'Etica, e per converso Bruto era stoico nell'Etica e seguiva nel resto i dettami dell'academia. Cicerone ne' suoi dialoghi dà, se cosi posso esprimermi, la parola a tutti i sistemi, e mentre, come già nella retorica, così nella filosofia vorrebbe scegliere da tutti il meglio, propende manifestamente verso quella comoda dottrina de'nuovi academici, che asseriva nulla essere certo, e doversene l'uomo star pago a ciò che è più probabile. Vedasi come esprime chiaramente questo suo pensiero là dove sulla fine dell'Oratore chiude la disputa contro i novelli atticisti: «Ilabes meum de oratore, Bruto, judicium; quod aut sequere, si probaveris, aut tuo slabis, si aliud quidem est tuum. In quo neque pugnalo tecum, neque hoc meum, de quo tanto opere hoc libro asseveravi, unquam affìrmabo esse verius quam tuum. Potest enim non solum aliud mihi ae libi, sed mihimet ipsi aliud alias videri. Nec in hac modo re, quae ad vulgi assensum spectet et ad aurium voluptatem, quae duo sunt ad judicandum levissima, sed ne in maximis equidem rebus quidquam adliuc inveni fìrmius, quod tcnerem aut quo judicium meum dirigerem, quam id, quodcumque mihi quam simillumum veri videretur, cum illud ipsum verum in occulto lateret ». Era il sistema filosofico più consentaneo ad un avvocato, e ad un uomo politico di parte moderata; ma quello appunto che lo ridusse ad essere dapprima ludibrio e poi vittima sanguinosa dell'avverso partito, il quale era di lui meno onesto, ma assai più logico ne'suoi ragiouameuti B piìi saldo nelle sue opinioni.
Tra le scritture politiche di questo secolo tiene ancora il primo posto il dia-