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rando a parlare, erano dopo il puro e sobrio atticismo sorti altri due generi ora-torii, vo gli ani dire quello gonfio e ridondante degli asiatici, e l'altro dei rodiani che era più sano ed all'attico più somigliante (1). E dell'eloquenza asiatica si distìnguevano ancora due specie o maniere: l'una sentenziosa od arguta, l'altra verbosa, volante, e concitata, di ciascuna delle quali era stato, nella giovinezza di Cicerone, insigne maestro ed esemplare ai Romani l'amico ed emulo di lui Q. Ortensio. Oratore acre, ardente, efficace, canoro quale la folla degli uditori e lo strepito del foro a que' tempi desideravano, ed insieme uomo ornato d' ogni sapore o buon cittadino. Il quale dopo che fu passato per tutti gli onori della republica, giudicando che nessuno degli uomini consolari potesse oramai contendergli il primato, e che non fossero da curare quelli che a tanta dignità non erano ancora saliti, s'avvisò di rimettere alquanto di quello studio e fervore per 1' arte sua, onde fin da fanciullo era stato acceso, e nell'abbondanza di ogni bene, che s'era colle sue fatiche procurata, volle vivere se non più beato, come egli pensava, almeno più riposato e tranquillo. Ma ciò fu cagione che in breve tempo, a modo di una pittura che invecchiando perde il colorito, in tutte le parti dell' eloquenza e massime nella fluidità ed armoniosa rotondità del discorso egli divenisse ogni giorno più dissimile da sè medesimo. Talché a chi 1' ebbe ad ascoltare allora parve minore della sua fama, quando pur non era antica la ricordanza di quel suo dire arguto, scintillante ed insieme accurato e terso che destava l'ammirazione dei giovani, e scuoteva le moltitudini, se bene non di rado muovesse le risa e la bile a qualcuno dei vecchi oratori (2).
Gli cresceva intanto dappresso la fama di Cicerone, il quale dopo averlo seguitato a breve distanza così nel cammino degli onori, come negli studj e nella pratica del foro, nò mai desistendo dail'aumentare con ogni maniera di esercizii e massime collo scrivere le sue doti oratorie, l'ebbe ben presto avanzato, e tratta a sè con un dire tutto nuovo quella curiosità e quel favore popolare che veniva meno ad Ortensio. Questi anzi pareva già quasi svanito, e Cicerone eletto console conseguiva il premio più gradito della sua eloquenza, quando, fosse gelosia dell'uomo che era salito fino alla suprema magistratura per solo merito del suo ingegno e della sua industria, o fosse speranza di poter contendere ancora la palma al nuovo oratore, si rimise al lavoro, e por dodici ann: Roma li vide trattare unitamente le maggiori cause, in modo che l'uno anteponesse a sè l'altro, come li vide congiunti di opinioni e di sentimenti nei più gravi negozii della republica (3). Mirabile esempio di concordia e di amicizia tra due oratori, ciascuno de' quali poteva contendere all' altro il primato nell'arte a cui avean posto cura, e prova anche più mirabile della valentia di Cicerone, che negli ultimi ann della sua vita non isdegnasse d' essergli compagno ed emulo colui, del quale egli era stato nella giovinezza discepolo ed imitatore.
(1) Vedi il Bruto § 81. Colf usata sua finezza dà ragione de1 diversi generi Quint. XII. 10. 16. «Et antiqua quidem Illa divisio inter Atticos atque Asianos fuit, cum hi pressi et integri, contra infiali illi et inanes haberentur; in bis nihil superilueret, illis judicium maxime ae modus deesset. Quod quidam hoc pulant accidis^e, quod, paulatim sermone Graeco in proximas Asiae civitates influente, aondum satis periti loquendi facundiam concupierint, ideoque ea, quae proprie signari puterant, circuitu coeperint enuntiare ac deinde perseverarint. Milli aulem oratìonis differentiam fecisse et di-centium et audientium naturae videntur, quod Attici limati quidam et emuncti nihil inane aut re-dundans ferebant, Asiana gens tumidior alioqui atque jactantior vaniore etiam diccndi gloria inibita est. Tertiuin inox adjeccrunt genus Rhodium. Quod velut medium esse atque ex utroque mistura vo-lunt; neque enim Attice pressi, neque Asiane sunt ahundautes ».
(2) Bruto (326). «Non probabantur haec senibus: saepe videbam cum irridentem tum etiam irasccntem et stoinachantem Philippum : sed mirabantur adulescenles, inultitudo inovebatur ».
(3) Deplorando nell1 eloquentissiino proemio del Bruto la morte di Ortensio, dice: « dolebam quod, non, ut plerique putabant, adversarium aut obtrectalorem laudum inearum, sed socium potius pt consortcm gloriosi laboris araiseiam ».