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libro I'rimo.
Dunque ne'monumenti l'A, E e V doppi durano dal tempo de'Gracchi Ano al principio della terza guerra mitridatica ; mezzo secolo a un bel circa.
Anche meno felice fu il nostro poeta quando, per esprimere più fedelmente il suono nasale della N avanti a G e C, volle che si scrivesse GG, CC, onde in luogo di angulus, angens, anceps, ancora si avessero aggulus, aggens, agccps, agcora. Si vede chiaro ch'egli avea voluto imitare la scrittura greca (it, n<), e non s'era accorto che in essa la lettera r, cosi come la C nella latina, non bastava ad esprimere il suono nasale della N in quella combinazione. Era dunque anche questo un artifizio ortografico e nulla più; eh è nè rendeva appuntino il suono voluto significare, nò ajutava in alcun modo ad esprimerlo.
Un terzo tentativo d'ugual genere fu da lui fatto per distinguere l'un dall'altro
I tre segni della tenue gutturale, Iv, Q, C, quando prescrisse che davanti a V si ponesse il segno Q (QVM, QVRA, PEQ'VNIA.), davanti alle altre vocali la lettera C, ed assai verisimilmente Iv davanti ad A (1).
Già poco felici per sè medesimi e troppo artificiosi per avere lunga durata , questi esperimenti ortografici di Azzio ricevettero il colpo mortale da Lucilio, che nel nono libro delle satire, detto perciò della Ortografia, scagliò più di un motto acerbo contro di essi. I versi dove deride il raddoppiamento delle vocali ci furono conservati da Terenzio Scauro (p. 2255, 10. P), e come vennero rassettati da F. Ritsclil, cosi suonano :
'a primum longa an brevi' syllaba, nos tamen unum hoc faciemus, et uno eodemque, ut diximu\ pacto scribemus pacem placide fanum arid.um acctum, ''Kpzq 'Ajoeq Graeci ut faciunt'.
Se non che portato da quella stessa necessità che spingeva allora tutti gli ingegni verso questi studii, Lucilio s' applicò a combattere le proposte di Azzio con ben altro che frizzi satirici, e si fece alla sua volta autore di sottili precetti per la ortografia.
II segno EI, che s'era formato da sè nella scrittura, per esprimere la tendenza dell'£ lungo a diventare I lungo, e da Azzio era stato solamente adoperato a significare qualsiasi lungo I, fu da Lucilio ritornato all'uso primitivo, ch'era di dinotare il suono intermedio tra E ed I, il così detto I pingue. Ed il mero I lungo fu seguitato a segnare colla semplice lettera I. Ma per questa via egli andò troppo innanzi , e quando volle coi due segni (E I ed I) distinguere il nominativo plurale dal genitivo singolare dei nomi della seconda decliinizione, e scrivere ìlei puerei, hujus pueri, l'artifizio parve troppo sottile, e non fu seguito (2). Il segno EI fu veramente adope-
Era forse l'orecchio degli Umbri e de' Sanniti più tondo e delicato che non quello dei Latini? Non è da credere : come a me non pare che da questo fatto si possa disgiungere 1' altro del rapido accorciarsi delle vocali lunghe nella lingua romana ; la quale della qualità e quantità dei suoni non aveva un sentimento molto vivo, e, come non le distingueva nettamente colla pronunzia, non poteva essere portata a segnarne le differenze colla scritlura.
(1) Vedi W. Brambach. Die Neugeslaltiinrj der lateinischen orthographie in ihrem verhàltmss zur Schule, pag. 21 e Ritschl nel Museo Renano XVI. p. 613.
(2) Lucilio adunque distingueva Vi sottile dall'i pieno, e significava quello con I, questo con EI. Così prescrisse nella sua satira sull'ortografia : «'Hoc illi factum est uni': tenue hoc facies I, 'Haec illi feoere': adde E, ul pinguius fiat: » onde si vede che egli avea serbato l'I tenue per i casi singolari della seconda declinazione, vale a dire per il genitivo, come: pupilli, pueri, Caeli, Nitmeri, Luci, Corneli, Cornifici, Lucili, e per il dativo, come: illi, uni, e 1'EI od i pingue per i casi dui plurale della medesima declinazione, come: puerei, pupillei, illei, e per il dativo singolare della terza declinazione (Tema consonante), come : furei, mendacei. Vairone accettò la distinzione per i casi omoptoli della seconda declinazione, non per i dativi della terza, che gli pareva, com' è diffatli, senza ragione. Quintiliano dopo riferita questa dottrina del poeta la respinge per tutti