128
l1rro primo.
nelle somiglianze mostravano i segni e la memoria della comune soggezione all'impero romano. E da que' volgari, che per essere stati più vicini al Lazio ed alla capitale sentirono più fortemente e più a lungo 1' azione del parlare classico e della letteratura, uscì una nuova lingua illustre com'è l'italiana, nella quale la scrittura rende, con rarissime e non essenziali differenze, i suoni stessi che si pronunziano ; da altri invece sì per la mescolanza del latino con elementi locali troppo diversi, sì per altre cause più generali che qui non si possono discorrere, nacquero lingue che , come la francese, significano colla scrittura voci clic la lingua tace od esprime ben diversamente. Onde la ortografia divenne etimologica, quasi ad attestare con que' muti tronchi come la nuova favella nè avesse saputo conservare la pienezza e la sonorità delle voci antiche, nè vestir di proprie e più acconce forme le nuove. La fu una larga e ricca veste rimasta a ricoprire membra mutile o storpie
Ora per tornare da questa digressione, colla quale abbiamo preoccupato un tema che troverà il suo luogo più innanzi, al nostro argomento, noi vediamo adunque con Ennio incominciare 1' opera lenta, ma assidua ed efficace della ortografia sulla pronunzia, ovverosia della lingua scritta e letteraria sui parlari della moltitudine. E quest' opera, per finire il discorso al quale ci siamo ricondotti, comprendeva naturalmente due parti : conservare ciò che esisteva, e renderlo migliore.
La prima parte fu eseguita, come già si disse, col rendere a ciascun suono il proprio valore, e quindi col distìnguere nettamente una volta per tutte le vocali e le sillabe brevi dalle vocali e dalle sillabe lunghe. Con ciò molti e buoni effetti furono in poco tempo ottenuti: primo di dare una base sicura alla versificazione, poi di circoscrivere il campo si alla contrazione delle sillabe intermedie (sinizesi), sì alla mescolanza e confusione delle finali colle iniziali (sinalefc), finalmente di rendere al loro posto ed ufficio quelle consonanti finali che non pronunziate e non scritte si venivano perdendo. Onde furono salvate le terminazioni del nominativo e dell' accusativo singolare, e le terze persone singolari e plurali di parecchi tempi del verbo.
La seconda doveva consistere in una più sottile distinzione de' varii suoni, e quindi in una più esatta determinazione de' segni che l'alfabeto suggeriva per esprimerli.
Ennio s' applicò alle consonanti, e trovò di significare il suono più acuto e più squillante di esse col raddoppiarle. Cosa che prima di lui non s' era fatta, perchè la pronunzia grave e lenta de' Romani aveva per lunga pezza impedito che s sentisse questo bisogno, il quale s'era invece assai per tempo manifestato al più sottile orecchio de'Greci. E con questa novità rese alla lingua due servigii: l'uno di restituire molte parole nell'integra loro forma, così come l'etimologia le avea composte o derivate, 1' altro di raddoppiare insieme colle consonanti anche la quantità delle vocali precedenti, che' di brevi potevano diventar lunghe per posizione. Se Plauto, che morì 15 anni prima di Ennio, avesse conosciuto e praticato il raddoppiamento delle consonanti, nelle voci similumce, satelites, supelectili, vicisaUm, oculto,
sagita le vocali che portano il segno della breve avrebbero colla doppia seguente formata una sillaba lunga (1). La proposta di Ennio fu accolta con favore, e se nelle iscrizioni dal 580 al 620 vediamo 1' antica e la nuova scrittura bilanciarsi, dal 620 al 640 questa vince 1' altra di lunga mano, fintantoché nella seconda metà del secolo settimo diventa essa la regola.
Progredendo in questa via Azzio volle rimediare ad un altro e secondo lui più grave difetto della scrittura, e per distinguere le vocali lunghe dalle brevi iinaginò di scriverle due volte, a modo degli Osclii (2). Ma questa novità ortografica nè avea un fino così alto ed utile, nè ebbe mai per conseguenza il valore ed il successo dell'altra, a
(1) Vedi Corssen. Àus.iprache, ecc. 2,a ediz. voi. I. pag. 1»
(2) Vedi sopra a pag% 27,