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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   120 LIBRO I'RIMO.
   periodo importantissimo di storia civile e politica. E difatti i primi venti anni sono pieni di guerre, di cui le più memorabili furono la guerra lusitana, contro il valoroso quanto infelice Yiriato, e la numantina, che nuovi allori aggiunse ed un nuovo nome al minore Africano ; guerre condotte dai generali romani con quella spietata violenza, che non era più nuova dopo gli eccidii di Cartagine e di Corinto. Poi viene il periodo de' Gracchi, colle sedizioni e colle battaglie civili tra la plebe e la nobiltà per la giusta distribuzione di quelle terre, delle quali non era giusto che godesse una sola classe quando tutta la cittadinanza avea dato danari e sangue per conquistarle, e tra Roma stessa e 1 Italia per la estensione dei diritti civili e politici, i quali non potevano più restare la proprietà dì una città sola, quando intorno ad essa si era con lunghi anni di guerre e di sociali rivolgimenti formata una nazione. Dall'esito di queste due contese pendeva la sorte di Roma e della libertà; e il non avere la nobiltà saputo terminarle a tempo e secondo i più chiari dettami della ragione e delia giustizia, fu cagione appunto che alle sedizioni de' Gracchi seguissero gli sterminii della guerra sociale, e quelle crudelissime proscrizioni di Mario e di Siila tra cui finisce il terzo periodo. Le quali aspettavano poi la congiura di Catilina, le pazze ire di Clodio, la guerra tra Cesare e Pompeo, le nuove proscrizioni e le guerre dei triumviri perchè la libertà perisse a Roma nel sangue, e 1' Italia ed il mondo ottenessero dalla signoria di un soio quel po' di pace e di giustizia, che indarno aveano chiesto e sperato dagli avari ed ambiziosi reggitori (Iella republica. Facile capire che in tanto moto di cose, in tanto ribollimento di passioni e mutarsi di interessi e di fortune, que' generi di letteratura che hanno più stretta attinenza colla vita publica dovessero ricevere un potente impulso a nuovi e più rapid progressi. L' eloquenza mi quelle lotte d'ogni giorno diventava un' arme potentissima benché non sempre efficace contro le violenze della piazza ed i pugnali degli assassini, e gli storici, se consideravano il grande rivolgimento che si veniva consumando sotto i loro occhi, doveano accorgersi che non bastava più narrare come prima i fatti dì per dì, anno per anno, ma bisognava spiegare perchè e coni' essi fossero avvenuti, e presagire che effetti stessero inevitabilmente per seguirne. Dacché la storia di Roma non procedeva più così chiara e sicura come per lo passato: diretta sempre dagli stessi principii e dagh stessi uomini ; ma la necessità di contenere le nazioni a mala pena obbedienti di un già vasto impero, e di governar la republica in mezzo all' urto di fazioni varie, feroci e mutabili quasi ad ogni volger di sole avea reso la politica un'arte difficilissima, lo storico doveva essere uomo di stato ancora scrivendo, come lo era stato reggendo in pace od in guerra le sorti della sua patria. E la scienza d'interpretare le leggi, e di accomodarle alle mutate condizioni delle persone e delle cose progrediva anch' essa, perchè lo stretto diritto delle dodici tavole sarebbe stato alla distanza di quasi tre secoli assai volte una violenta ingiustizia, se 1' equità de magistrati e le risposte de' prudenti non fossero di volta in volta veiiute a temperarne il rigore, a rintuzzarne le asprezze.
   Tornando adunque da questa breve scorsa nel campo della politica alla nostra storia letteraria, ne i vediamo che ne' primi venti anni di questo seoolo i progressi furono lenti, tantoché gl annalisti vi seguono ancora l'antica maniera, e solamente dietro l'esempio di Catone scrivono tutti latino. Di loro il più antico è Cassio Emina, e il più notevole L. Calpurnio Pisone Frugi (1); entrambi scrissero dalle origini di Roma ai loro temiti. Tra gli oratori meritano d1 essere menzionati il minore Africano, Lelio il sapiente, Servio Sufpicio Galba, M. Emilio Lepido, L. Furio Filo, Q. Cecilio Metello Macedonico, e i due fratelli L. e Spurio Mummio. Nella giu-
   (1) Che fu tribuno della plebe nel 60t>, Console nel 621, censore nel 654, rigido quanto strenuo difensore della nobiltà, ed avversario de' Gracchi. È il notissimo aulore della legge de repetundis. Cicerone lo giudicò molto severamente « ipse etiam Pkso et causas egit et multarum legum aujt auetor aut dissuasor futi, isque et oraliones reliquit, quae jam evanuerunt, et annales sane exi-liter seriptos >\