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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   114 libro primo
   letteraria è per se solo assai notevole, non meno degno delia nostra considerazione è il modo come seguì; vogliam dire 'quella legge di regolare progresso da cui fu m seguito costantemente governato. La qual legge espressa in brevi termini fu questa, che gli scrittori d'ogni genere volsero tutte le loro forze a rendere la lingua e la letteratura patria pari alla lingua ed alla letteratura, da cui prima i Romani ebber preso gli insegnamenti e gli esempi. E così facendo riuscirono 11011 solo a trapiantare nel Lazio i più bei fiori dell'arte greca, ma se qualche buon germe era nel suol natio lo fecondarono cavandone frutti di incomparabile bellezza.
   La storia della poesia epica incomincia colla traduzione dell'Odissea, che Livio Andronico fece in versi saturnii ad uso de' suoi scolari. Da quella principiarono i giovani romani a conoscere Omero; e correva, come s'è visto, per le scuole ancora a'tempi d'Orazio (1). Ad essa tiene dietro il poema di Nevio sulla prima guerra punica, pure in versi saturnii; primo animoso tentativo di epopea storica, che fu proseguito e condotto a maggior perfezione cogli annali del grande Ennio. Il quale non si accontentò di celebrare un solo avvenimento, ma volle abbracciare tutta quanta la tradizione e la storia romana dalla -venuta di Enea in Italia fino a'suoi tempi, e per rendersi più meritevole del nome, che gli venne poi dato, di secondo Omero abbandonò l'antico ed orrido saturnio per scrivere il suo poema in versi esametri. Cosi almeno nella forma e nell'intenzione dell'autor suo, se non veramente nella sostanza, 1' epopea latina poteva collocarsi d' accanto alla greca, e 1' orgoglio nazionale de' Romani esserne già in certa parte soddisfatto. Certo con questi due poemi cominciava ad appagarsi il desiderio vivo in tutti i popoli che hanno compiuto grandi cose e vivissimo ne'Romani, di conservare le patrie memorie e di diffondere per il mondo il suono delle loro gesta (2).
   Con questi medesimi autori comincia anche la storia della poesia dramatica; perocché Livio Andronico fu, come altre volte s'è detto, il primo che recitasse sulle scene romane un drama tradotto dal greco (514), e Nevio dovette ai troppo liberi sali delle sue commedie la prigionia e i'esiglio nel quale morì. Égli cominciò nel 519 e segui in generale le pedate di L.Andronico; solchè l'ingegno superiore gli permise di trattare gli esemplari greci con più libertà, e diversamente dal suo antecessore prescelse di scrivere comedie. Onde si vede che in que'prìmi momenti la distinzione de' due generi, del comico voglio dire e del tragico, non si era ancor fatta strada nella letteratura, e si traducevano o s'imitavano secondo l'opportunità pel teatro romano questa o quella commedia o tragedia greca. Però con Nevio vediamo già spuntare la tragedia pretesta ; che non fu negletta pur da Ennio, quantunque egli avesse fatto sua cura principale della imitazione delle tragedie di Euripide, e traducesse anche commedie.
   Ma il vero creatore della palliata, quegli che intese più fedelmente e più liberamente interpretò i capolavori della nuova commedia ateniese, e spargendo d'aceto italiano sali attici più pungenti, seppe per il primo trovare la lingua e lo stile comico latino, fu T. Maccio Plauto. Mancandoci le commedie di Livio, di Nevio e di Ennio noi non possiamo istituire un giusto paragone tra lui ed i suoi precessori od uguali; ma argomentando dagli scarsi frammenti e dal giudizio stesso de' Romani, ci è lecito asseverare eh'ei li vinse tutti e non fu in seguilo superato da nessuno.
   (1) Chi sia curioso di conoscerne i frammenti può vederli nell'opuscolo già mentovato di I. A. Pfau. De numero saturnio, p. 70-78.
   (2) I frammenti furono raccolti ed ordinati nella bella «pera di Vahlen. Enniunae poesis rati-quiae. Lipsia 18154.
   Dai Romani Ennio fu considerato in ogni tempo corno il primo che meritasse il nome di poeta epico. Diom. Ili p. 484. K. «epos latinum primus digne scripsit Ennius, qui res Itomanorum deccm et octo complevus est libris, qui vel annales inscribunlur, quod singulorum fere annorum actus con-tineant, vel Romais quod romanorum res gebtasdeclarant o. Vedi pure sopra di Ennio il giudizio di Quintiliano (Inst. X 1. 881 che riferiremo a suo luogo.