CAPITOLO III. — SECONDA ETÀ'. Ili
sasso, cui gli edili aggiunsero gli steccati all'ingiro e dentro la cavea. Nel frattempo erasi introdotta l'usanza, che gli spettatori portassero seco, o si facessero portare delle sedie dagli schiavi. Nel 600 si tentò di costruire un teatro stabile, ma non durò: e fu anzi proibito sedere in teatro (1). Alcuni anni appresso, forse dopo la presa di Corinto e la conquista della Grecia (608), fu eretto un teatro compito, con sedili circolari e l'orchestra pei senatori. Ma era di legno, e si esso, si gli altri che gli tennero dietro, sorgevano e cadevano ogni volta, finché Pompeo innalzò un teatro di pietra l'anno 699. E siamo cosi trasportati col primo teatro stabile quasi al principio del secolo ottavo, nell'ultimo e più splendido periodo della letteratura republi-cana (2). Un secondo ne fu poi eretto da Cornelio Ealbo (741), e nell' auno medesimo il teatro di Marcello, di cui si mostrano ancora le rovine. Teatri temporanei si continuarono ad erigere anche sotto l'impero, e in Roma e fuori.
Il teatro romano comprendeva la cavea e la scena, che ne formava il diametro. Davanti alla scena in uno spazio piano semicircolare era l'orchestra, intorno alla quale sorgevano gradatamente i varii ordini di sedili per il publico (gradus, subsellia). Essi erano disgiunti l'un dall'altro per mezzo di larghi pianerottoli (praecinctiones), che servivano per girare intorno agli ordini {iter, via) e per dar posto a quelli che non avessero trovato da sedersi. Dall'orchestra all'estrema periferìa salivano delle scale a raggi, le quali divideano il circolo della cavea in cunei, alla sommità correva alcune volte un portico. Nel proscenio sorgeva un palco (pulpitum) sul quale si dava lo spettacolo; ed era più lungo e più profondo del proscenio greco, dove l'orchestra serviva alla danza de' cori. Il fondo della scena era formato da un muro stabile con tre porte, una nel centro, dalla quale entrava l'attor principale, e le due laterali, dette da Vitru\io ospitali, perchè destinate all'ingresso de'forestieri. I due lati erano chiusi da pareti mobili, acconce a figurare il luogo dell'azione, e si dicevano versatiles o ductiles, secondo che erano girevoli sopra un pernio, o scorrevoli innanzi e ;ndietro in una incanalatura (3). Dietro la scena era per lo più un portico; il quale serviva di ricovero agli spettatori in caso di pioggie impreviste, ed agli attori per gli apparecchi della rappresentazione,
Il teatro, il cui interno era a cielo scoperto, poteva in certe occasioni essere coperto da un velario, il quale era un tendone che si tirava mediante funi e carrucole infisse in pali piantati tutt'intorno al muro esteriore. A questa prima deli-catura trovata, per quel che si dice, da Q. Catulo tennero dietro in tempi anche più molli le spars>ones: aspersioni artificiali, o spruzzaglie d'aque odorose, che si facevano cadere nell'interno del teatro per mezzo di tubi e di meccanismi (4). Tanto del tendone quanto delle aspersioni si dava notizia al publico nel manifesto teatrale.
I quattordici sedili dopo l'orchestra appartenevano ai cavalieri forse già nel 608, certamente prima della leoc Roscia theatralis (687) che glieli restituì. Augusto ordinò che all' infima classe fossero assegnati gli ultimi ordini, ed alle donne posti distinti nella parte superiore della cavea. E posti d' onore attribuì pure ai colleg-sacerdotali ed ai magistrati. Tanto cammino fece la distinzione delle classi nel teatro nel giro di poco più che un secolo; era il cammino stesso che avea fatto la società
(1) Il senatuscnnsulto è riferito da Valerio Massimo 2, 4, 2.
(2) La storia del teatro romano è esattamente compendiata ne'suoi tre periodi da Tacito (Ann. XIV. 21) e. Erant qui Cn. quoque Pomprjum iucumlam a senioribus ferrent, quod mansuram tlieatri sedem posuissel. Nam antea (698-099) subitariis gradibus et scaia in tempus strucla ludos edi solitos, vel si vetustiora repetas (prima del 608) stantsm populum spectaviase, ne si conside-ret, tlieatro dies totos ignavia continuaret ».
(!9) Vedi il Dizionario di A. Rich. tradotto da R. Bonghi, pag. 26B.
(4) L'ingrediente più usuale dell'aque odorose era il croco; e se il modo di spargerle descrittoci da Seneca fu (lappèrtutto il medesimo, si può congetturare che consistesse in uu sifone, il quale dal centro dell' arena spingeva in aria a graude altezza una colonna d'aqua la quale ricadeva poi in minutissime goccie sugli spettatori.