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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO III. —- SECONDA ETÀ'. 99
   lavano ai vinti in nome del Senato e del popolo, ne usavano quotidianamente nella conversazione e negli scritti (1) e potevano ai Greci medesimi parer Greci sì nella voce sì nella favella (2).
   Catone istesso, l'autore del decreto che bandiva da Roma i retori, si diede da vecchio a coltivare le lettere greche, e coli' avidità di chi agogna saziare una lunga sete. « Graecas literas senea; diclici, gli fa dire Cicerone nel dialogo della vecchiaja, quos quidem sic avide arripui, quasi diuturnam sitim explere cupiens ». Nè altrimenti scrivono dì lui Cornelio Nipote e Plutarco (3) : il quale ci narra che all'assedio di Taranto Catone cercò di erudirsi nella filosofia pitagorica, che in Atene, dove fece lunga dimora, recitò un'orazione in greco, e delle lettere greche usò largamente nella composizione de' suoi scritti. Manifesto indizio che gli animi più restii alle novità e più tenaci dell'antico costume erano vinti dalla forza delle cose, la quale s'imponeva a tutti come una necessità ineluttabile. Perocché era scritto che Roma fosse discepola del popolo da lei soggiogato, e che dalle scuole greche attingesse i mezzi e 1 diritto di regnare sul vinto universo più che colla forza dell'armi, colle ragioni della civiltà.
   Deponendo la toga pretesta per vestire la toga virile il giovine romano usciva dalla scuola e cominciava il tirocinio, che si faceva diversamente secondo 1' arte alla quale o per vocazione, o per voler del padre, o per altra convenienza erasi dedicato. Se l'ingegno o le tradizioni di famiglia lo chiamavano al mestiere dell'armi, egl veniva mandato al campo, e raccomandato al generale, di cui doveva colle prove di obbedienza e di valore meritarsi la stima e la fiducia. Qui combattendo ed eseguendo rigorosamente tutti i doveri del soldato imparava a vincere le future battaglie. Se invece più gli piacevano le arti della pace, e lo pigliava vaghezza di reggere la repubblica più col senno e colla parola che non colla mano e colla spada, od anche della cosa pubblica voleva prendere per sè una sola parte, com' era la giurisprudenza, il tirocinio del giovane romano si faceva nel Foro, ne' Comìzii, nel Senato e nelle provincie sotto la direzione di un oratore], di un giureconsulto, di un magistrato. Così vedremo a suo luogo Giulio Cesare fare a 21 anni le prime armi con Dolabella, e Cicerone scaltrirsi nella giurisprudenza prima con Muzio e poi con Quinto Scevola, per essere alla sua volta maestro ed esemplare di eloquenza a Celio, ad lrzio, e a Dolabella. Giova però avvertire che il diritto dalle XII tavole, primo codice de'Romani, fino a Cicerone, quindi per tutta questa seconda età, si apprendeva massimamente colla pratica del foro e degli affari, quantunque Tiberio Coruncanio, d primo pontefice massimo che uscisse dalla plebe, avesse in sul principio del sesto secolo dato l'esempio di tenere pubbliche lezioni dì giurisprudenza (4).
   Queste furono in compendio ne' secoli sesto e settimo le scuole latine, ben lontane. come ognuno può vedere, dallo spendore delle scuole greche che ad Atene come nella Magna Grecia, ed in Sicilia, nell'Asia come nell'Egitto, ne' più splendidi giorni della libertà come sotto la dominazione macedonica diedero una schiera di filosofi, di retori, di grammatici e d'artisti che dopo tanto volger di secoli sono oggi ancora la luce del mondo. Ma Roma alle scuole non domandò mai queilo che i Greci in ogni tempo ne richiesero, e poco curante che 1' umanità progredisse, o clie si
   (1) Cosi, secondo Livio, trattò Paolo Emilio coi Macedoni, parendogli indegno del vincitore par' lare ai n'nti nella loro lingua. E in latino dettò, dopo la vittoria, gli ordini suoi e del Senato. ^ Silcntio per praeconera facto, Paulus latine quae sanalui, quao sibi ex consilii senlentia visa essent, pronun-tiavit: ea Cn. Octavius praetor, nam et ipse adorai, interpretata sermone graeco referebat».
   (2) Ciò racconta Erodoto di Flaminino, che i Greci conversando con lui lo trovarono greco ywwW ts -mi òtjilsxTov, c toccava appena i treni' anni. Della quale sua perizia nel greco egli diede saggio anche ne' giochi istmici quando proclamò la libertà della Grecia.
   (5) Plut. Vita di Catone 2. Sì 7txiSsi    (4) Pomp. I/ig. I, 2,2. §58 «Post hos fuit Ti. Coruncanius, qui primus prolìferi coepit, cujus tamen scriptum nullum extat, sed responsi compiuta et memorabilia ejus fuerunt».