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LIBRO I'RIMO.
credenze religiose del popolo. Ond' è che tra le persone timorate e pie Greco si fece ad un tratto sinonimo di miscredente, e senza l'amicizia di Publio Scipione, di Tito Flaminio, di Marco Fulvio Nobiliore, e perfino di Catone gli sarebbe forse toccata sorte non diversa da Nevio (1). Ennio del resto fu seguace della filosofìa pitagorica, ed ognuno sa coni' egli dicesse essere in lui passata l'anima del cantore di Achille, onde Orazio scherzando lo chiama il secondo Omero (2). Dopo di lui, è poi vero quello che Cicerone dice, non incontrarsi alcun nome di filosofo fino ai tre ambasciatori della città di Atene. Questi rappresentavano tre delle principali scuole della filosofia greca (Cameade era academico, stoico Diogene e Critolao peripatetico) e mentre il Senato deliberava sull'oggetto della loro venuta, essi davano luMche lezioni, le quali erano dalla gioventù romana ascoltate con tale studio e fervore, che, come già dissi, parve pericoloso agli uomini più gravi ed attempati; onde, per opera massimamente di Catone, si affrettò a dare a questi ospiti già temuti la risposta che aspettavano, acciocché non diffondessero davvantaggio il veleno delle loro dottrine. Ma la favilla una volta accesa non fu potuta spegnere, e come già la grammatica e la retorica così anche l'amore della filosofìa andò crescendo ogni giorno, e i nobili che s'erano accorti di quanto giovamento fosse a divenire eloquenti, non rifinivano di onorare ne' suoi maestri e di coltivare essi medesimi quell' altissima disciplina. Così vediamo Scipione minore tenere in sua compagnia Panezio e Polibio, coi quali si distraeva dalle cure gravissime della guerra conversando di filosofia, e non diversamente da lui fecero poi Lelio, Furio, Tuberone, e tutti i maggiori uomini di quel gran secolo. Anche i mille Achei qui sopra mentovati, eh' erano delle migliori famiglie della Grecia e però coltissimi in ogni genere di letteratura, debbono avere contribuito a spargere gli ammaestramenti della filosofia greca nelle case dove, già lo dissi, vivevano più da ospiti e famigliari che da ostaggi. Nè si vogliono passare in silenzio le molte opere greche recate a Roma da Paolo Emilio (3), da Siila e da altri, nè le biblioteche fondate dai più ricchi cittadin., tra le quali non può essere dimenticata quella dell'opulentissimo Lucullo.
Per tal modo una dopo l'altra le arti greche vennero a Roma, e vi accesero, la mercè delle scuole, che più e più le diffondevano, tale amore di sè che in breve tempo gli uomini più illustri come i più chiari ingegni della città di nessuna cosa tanto parvero desiderosi quanto di emulare e di vincere, se fosse possibile, i loro maestri. Questa sola gloria mancava a Roma signora oramai dell'universo, ed a conquistarla adoperò la forte generazione di quell'età felicissima. La cognizione della ngua greca (la quale, come s'è visto, non fu mai ignota del tutto a. Romani) venne ancora per le scuole, per la lettura de'libi., e per i commerci più frequenti e vicini sempre più estendendosi (4) ; e i nobili che sapevano all'uopo affettare d'ignorarla, quando par-
(1) Vedi Max. Miiller Vorlcsungen. Bcarbcitct von Biittger (pag. 87). Leipzig, 1865 e la prefazione di G. Vahlen ai frammenti di Ennio. Dell'Evemcro di Ennio è fatta menzione nel dialogo de Natura Deorum, i. '42. 119 con queste parole che tutta cc ne rivelano la dottrina — « Quid? qui aut fortes aut claros aut potentes viros tradunt post mortem ad deos pervenisse eosque. esse ipsos, quos nos colere, precari venerarique soleamus nonne cocpertes sunt rcligionum omnium ? quae ratio maxime tractata ab Euhemero est, quam noster et interpretatus et secutus est praeter coeteros Eiinius. Ab Euhemero autem et mortes et sepultxirae demostrantur deorum ».
(2) Ennius et sapiens et fortis et alter Homerus,
Ut critici dicunt, leviter curare videtur
Qìio promissa cadant et somnia Pythagorea. Ep. II. I. 50.
(3) Isid. Origg. VI. 5. Romani primus librorum copiam advexit Aemilius l'aulus, Perse Mace-donuin rege devieto.—Questa prima raccolta di libri servì però soltanto all'uso dei figli di Emilio, come pure affatto privata fu la biblioteca di Apellicone, portata in Koma da Siila, e pochi vi avevano accesso.
(!< ) Ai tempi di Siila l'inviato dei Rodii, ebe non sapeva di latino, potè parlar greco davanti al Senato ed essere inteso.