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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   50 LlMlu PRIMO.
   è potuto raccapezzare un sistema di regole, che almeno ti dà ragione del più importante fenomeno di quella pronunzia. Il quale è un graduale affievolì mento di vocali lunghe che si fanno brevi, e di vocali brevi che, senza distruggersi affatto e scomparire , si alleggeriscono però tanto, da non poter più formare davanti ad una consonante doppia una sillaba lunga per posizione. Locchò significa valer esse già meno di una sillaba breve. Oggi si direbbero vocali mute; chè non contavano nel metro, per la stessa ragione che non s'udivano nella pronunzia popolare. L'esistenza di cosi fatte vocali fu già anticamente avvertita dai più chiari interpreti dei poeti scenici, i quali però scioglievano ogni volta le difficoltà, che esse facevan nel metro, sopprimendole or con questa or con quella figura o licenza grammaticale. Lo stesso Bentley, e dopo lui i chiarissimi G. Hermann, Ritschl, Fleckeisen, ricorsero a questo spediente di considerarle come vocali superflue, e da essere perciò soppresse nella pronunzia per la momentanea necessità del metro. Nessuno prima di Veii e Benloew vide la vera natura di queste vocali, le quab sono, come chi dicesse, voci in via di spegnersi in bocca al popolo, ma vive ancora tanto, da poter riprendere l'antico valore in una lingua colta, e la quale fosse per ciò più sapiente e più ferma che non il mobile idioma del volgo. Furono essi i primi a vedere in esse 11011 una mera necessità od opportunità metrica, ma un fatto rilevante nella storia della fonologia latina. La quantità di queste vocali essendo minore pur di una breve, diviene incalcolabile, onde nel verso esse fanno come se non esistessero. Pertanto Weil e Benloew, prendendo a prestito il nome ed il concetto dalle matematiche, le chiamarono vocali irrazionali. E ce n'ha di due specie : di quelle che precedono una 0 più consonanti, ed altre che precedono una vocale. Della prima specie vogliono particolarmente essere ricordati:
   1. I pronomi ille, iste, is, Me, e gli avverbi dimostrativi ecce, inde, unde, ecc.
   La prima sillaba di ille si fa irrazionale regolarmente nella tesi, e quando segue alla parola che lia l'accento oratorio, che vuol dire quando è enclitica. Ciò le accade spessissimo dopo pronomi interrogativi, personali, dimostrativi, 0 dopo paiticelle interrogative (1). Cosi abbiamo nell'Andria di Terenzio:
   v
   I.5.2. Quid illud est ? che si pronunzia come fosse quid l.ud est ì III. 5.1. Ubi
   v , v
   illic est = ubi 'lic est. V. 6.7. Num ille sommai = num 'le somniat.
   Era il principio di quello struggimento che doveva compiersi nelle lingue romane, le quali fecero:
   ille — le, illa = la, UH = li, illum — lo, illorum—loro, illos — los, les, Ulas —las, les :
   v v ,
   e da ista, sta, 11 stamani, e da eccum, co, in costoro, costi, costa.
   II. Le preposizioni quando diventano enclitiche, come In Ter. Pliorm. V. 8. 33.
   v v
   Manéreillam apud te, dós Me maneat.... Id. Andria. 1.1.39. Sine invidia laudem m-vènias et amicós pares.
   III. 1 Verbi. Segnatamente dopo pronomi e dopo particelle monosillabe, est è preso come una sillaba breve, ed esse come un pirrichio:
   Ter. Heaut. Y. 3.6. quid èst quod peccem...
   Plauto. Bacch. 10... quid esse dicis dignius.
   Ognuno poi sa, e qui fu già detto, che es ed est seguendo ad una parola terminata per vocale, 0 per una s che sia Anale di una sillaba breve, ed est particolarmente anche dopo m, perdono ogni suono, confondendosi affatto colla parola precedente. Onde abbiamo:
   itas — ita-es, itasi — ita-est, honios — ìiomo-cs, nactust . nacius est
   quomst ( quom est
   v v
   E la vocale di est perdura irrazionale pure nei composti, come potest, adest.
   (1) Quis, quo, ubi, ut, un, mim ; con, me, nv'hi, tu, Ubi, id, ipsus, ilem, ibi, jam: ed auclic dopo sed, poi, ai.