CAPITOLO II'. — PRIMA ETÀ'. 49
loro, e clie, come nella prosa l'accento era padrone della parola, cosi nella poesia egli cedesse allatto il suo dominio all'arsi, e la parola spezzandosi scomparisse per dar tatto 1 suo posto ai piedi del verso? A me pare impossibile che l'accento torneo della parola tacesse affatto nel verso, e lasciasse sentire la sola voce della quantità; e di questo mi persuado tanto più facilmente, in quanto che la diversa natura dei due accenti non toglieva guari la possibilità di proferirli ambidue. L'uno difatti esprimeva l'elevazione, e, se così posso dire, lo squillo della voce, ed era perciò rapido ed acuto: l'altro segnava invece l'intensità e la durata, e doveva perciò essere un suono forte e lungo (1). Rappresentando il primo con una lineetta ascendente, il secondo con una linea orizzontale ('_) io credo che si renda visibiie a chicchessia la differenza de' due suoni, e la possibilità di esprimerli colla voce, sia che cadano nella stessa od in diverse sillabe. Come il greco poteva pronunziare in modo da
farci accorti, che la voce era proparossitona e la seconda sillaba lunga, così 11011 doveva essere impossibile ai Romani di cantare il primo verso di Orazio:
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Maecénas aiavis edile regìbus
in modo da far sentire in Maecénas V accento tonico della sillaba di mezzo, ed insieme l'arsi delle sillabe estreme. Dissi che ciò doveva esser possibile ai Romani: se alcuno mi dimandasse, e a noi ì risponderei forse di no, per la chiarissima ragione che la pronunzia è qualche cosa di si vivo e fuggevole, che tu non puoi con sole regole riprodurla, e non l'apprende se non chi l'ascolta e lungamente. Qui cominciano i diritti della natura e della storia, e la teorica, senza perder nulla delle sue ragioni, si stacca onninamente dalla pratica.
Ma v'è di più, ed è che mentre la quantità vincolava fermamente l'accento nella parola, quello cominciò ben presto ad esercitare sulla parola stessa, e quindi sul verso, un'azione struggitrice, che per essere lenta non fu meno continua e potente. E quest'azione dell'accento ci si manifesta in ispecial modo nella metrica de' poeti comici del VI e VII secolo. Perocché essendo essi costretti ad accostarsi quanto potevano alla pronunzia popolare, (nella quale Vendisi, come s'è visto, avea già fatto Uirgo guasto di vocali e di consonanti) sia per dare maggior somiglianza di vero al discorso, sia per tornare più graditi alla turba degli spettatori, e d' altra parte dovendo accomodare questa pronunzia alle regole del metro greco, ne venne di necessità, che assai volte il numero e l'apparente quantità delle sillabe non corrispondessero al reale valore di esse. Doveva accadere, per esempio, che il valore di un giambo o d'uu trocheo fosse espresso da uno spondeo, da un dattilo, da un anapesto, od anche talora da un più grande numero di sillabe. Questa era, come ognuno vede, una differenza tra la pronunzia e la scrittura molto simile a quella, che oggi notiamo nel francese e più nell'inglese, e che con nostra maraviglia si manifesta così grande, per que' tempi e per quegli scrittori, anche in latino, solo per ciò che ad un Grammatico dell'età di Augusto piacque correggere colla nuova l'antica ortografia delle comedie plautine. Se noi ne possedessimo gli autografi, od almeno delle copie anteriori ad Augusto, forse che non suderemmo tauto a leggerne ed a scandeme versi. La stessa scrittura ci direbbe, come si devono pronunziare. Però senza pretendere d'aver trovato in ogni caso, come i versi di Plauto, di Terenzio e degli altri poeti scenici vadano letti e misurati, con uno studio diligente della metrica, e colla cognizione delle più comuni leggi fonetiche della lingua latina, si
(1) Benlocw. Precis d'une tlieorie des rylhines. Part. 1 pag. 36. Tnut s'explique pourtant quand, par l'étude des anciens granirnairieiis, on s'est eonvaincu que Ics accents grecs et latins étaient une moaulation, une cantilène, qui accompagnait le discnurs, et nullement des coups de voix, ce qn'ils sont dans nos idiomes tcrnis et depoumis de sonorité. Pour se faire un idée jusle du langage des anciens, ili faut se metlre au piano : là Ics longues et Ics brèves indiqueront la inesure, la durée gu ton; les accents indiqueront les liauts et tes bas de la voix.
Tamagni. Letteratura Romana. 1