GAPIT0L0 IL — PRIMA ETÀ'.
43
S) D'una più antica leyge dell' accento.
Ma r esame di sì gravi perturbazioni elle i movimenti dell'accento recano nell'organismo dei vocaboli, questa così stretta connessione, clie ci venne notata, tra le leggi dell'accento e la possibilità eli maggiori o minori alterazioni fonetiche, la stessa differenza che si osserva tra l'accento latino così uniforme, legato, ed il greco tanto libero e diverso, e per ultimo l'osservazione di alcuni fatti, che 11011 si spiegano cogli esempi e colle regole a noi fin qui note, fecero sospettare agli eruditi V esistenza di un' antica legge, per la quale la posizione dell' accento latino non fosse vincolata, com'è adesso, al tempo delle tre ultime sillabe, ed in ispecìal modo alla quantità della penultima.
Primi ad accorgersi di questo furono gli scrittori di cose metriche, e in capo a tutti Riccardo Bentley, seguito poi da Hermann e da Lindemann (1). Essi notarono, non senza maraviglia, che nei vocaboli aventi tre sillabe brevi davanti all'ultima sillaba, i poeti comici quasi costantemente accentavano la quart'ultima, dicendo: miseria, fà-miliam, tètigeris, rédiero ; ed a Lindemann poi era parso di poter asserire, che nei composti di tre sillabe, di cui la prima sillaba fosse una preposizione, l'accento tonico posasse anticamente su questa sillaba, sebbene la penultima fosse lunga. Ma queste vedute, giuste per sè stesse, erano fondate sopra la ipotesi erronea di cui parlerò a suo luogo, che i poet comici avessero corcato di conciliare nel verso 1' accento tonico coli' arsi ; e que' filologi, del resto benemeritissimi, aveano congetturato un artifizio, o come oggidì si direbbe, una mera licenza poetica, dove invece dovevano riconoscere gli effetti d'una più. antica maniera di accentar le parole. Questa fu veramente veduta, e dimostrata fa prima volta da Dietrich con fatti e ragioni linguistiche. voglio dire coll'esame delle stesse forme della lingua latina ; perocché le notizie e le testimonianze de'grammatici mancano affatto (2). Le quali forme, attentamente analizzate, ci conducono ad un tempo nel quale 1' accento latino (come l'accento greco, e gli altri accenti italici, vicini ancora di molto alle comuni origini), godeva di movimenti assai più liberi, e più che da vincoli materiali era contenuto e governato da un'idea, che lo faceva posare su questa, anziché su quell'altra sillaba. Quindi è che questa ricerca intorno all'accento condusse a scoprire nuove e rilevantissime attinenze tra ;1 latino e le lingue sorelle dell'Italia e della Grecia, e assegnò all'accento una parte cospicua nella storia delle lingue.
La scoperta di questa legge si fonda sopra una semplicissima osservazione, ed è, che mentre da un canto la naturale proprietà dell'accento fa sì, che la vocale accentata, per la elevazione e la forza che da quello riceve, sia meno d' ogni altra disposta a perdere il suo suono ed a scompar i e, lasciando vive ed intere le vocali non accentate, vediamo dall'altro canto in latino un numero grandissimo di vocali, le quali secondo la ordinaria legge dell'accento avrebbero dovuto proferirsi coll'accento tonico, abbreviarsi, ammutolire e perdersi affatto, quando negli stessi vocaboli altre vocali non accentate non patirono alcun mutamento. Sifatta contraddizione non poteva essere spiegata se non se ammettendo che quelle vocali non portassero ab antico l'accento tonico, e vi fosse per conseguenza ab antico un altro modo di accentare le parole. Da qui la bella scoperta di Dietrich, la dimostrazione della quale si divide in due parti: A. Che la terzultima latina poteva portare l'accento tonico, anche quando la penultima fosse lunga, e che per conseguenza questa, che ora è la sillaba predominante nella parola, non ebbe sempre allora, e non necessariamente,
(1) Vedi del primo le noie ali' Hcautontimoroumcnos di Terenzio II. 5, 30, del secondo gli Elem. doctr. metricap. 63, e del terzo l'opera De latinae linguae aecentibus, p. 35-36.
(2) Vedi Zeitschrift fiìr vergleicliende Sprachforschung I. VI, pag. o't3-586. Contemporaneamente, e forse senza che nessuno sapesse dell'altro, ìVeil e Benluaw espone\ano le stesse idee nel loro trattato dell'accentuazione latina.