capitolo ii. — prima età'. 37
di voci greche entrò in Roma in quell'età fortunosa: le quali, come nell'età precedente, si furono tosto latinizzate ed acconciate alla pronunzia popolare. Come sulla bocca de' moderni fiorentini bcafteah suona bistecca, 'paletot paltò, e via via, così, si parva licet componere magnis, sulla bocca dei contemporanei di Fabio Massimo e di Scipione suonavano uguali Patricoles a Uà-pozioc, machina a u.rr/xy^ techina a rkyv'ij guminasium a -/vu-và-Giov^ TJlixes a 'O^uo-c-sud Burrus e Bruges a IIvppog, e oir/£c. sona a massa, trapessita, badissare a fzpc.ixs^'f.vr^^ (3c/jÌl'q-lv
Alexanter, Cassantra ad 'AAei^avùpog, Kaudàv^pa.. Anche nella declinazione furono i nomi greci piegati al modo de'latini, e per modo d'esempio: a) nella 2a declinazione i nomi greci in cg, latinizzandosi, perdettero la desinenza dopo r come fanno i Latini, e s' ebbero : presbyter , career, cancer, Alexander, Eva.n-der , ecc. ecc. b) nella terza declinazione i nomi in wv perdettero il y, come già i latini ia n, e divennero : Apollo, Crito, Simo, ecc. La qual desineuza , come la più vecchia e più latina, è ancora preferita da Cicerone alla greca in on , che rinasce in Cornelio Nipote e nei poeti, c) Perdettero la n anche i nomi ih m>, ovt, onde nei comici abbiamo Antipho, Ctesipho, ed in tutta la latinità leo, draco. d) Ai nomi della terza formarono l'accusativo em, allungando in alcuni 1' o per renderli più simili ai latini ; e fecero : Eectorcm, Nestorem, Castorem, come ancora si le.ge nei primi poeti scenici; e poi Amphitruonem, Calydonem, Acherontem. Forme che Cicerone usa ancora, ma dai poeti dell'età di Augusto furono abbandonate per riprendere l'accusativo greep in a. e) I nomi feinminiii in w , come: KaA-j^có, vennero declinati latinamente : Lido, Didonis. f) I nomi in erano, salvo il vocativo, declinati come i latini in 0: Cissei, Terei, Oeneum, Atreum, e questa rimase poi sempre la declinazione regolare della prosa latina, g) Dalla desinenza pa.z dei neutri della terza scacciarono affatto il t, e declinarono i nomi come fossero latini della prima. Onde troviamo in Plauto glaucumam, in altri diademam, dogmam. E Cicerone nelle Terrine usa ancora gh ablativi plurali schematis, toreumatis, emble-matis; quasi fossero, dice Celso, nomi neutri della seconda declinazione, lì) Si abbreviò Va finale dei uomi greci comoedia, philosophia: e Plauto ed Ennio fecero il genitivo latino in ai di nomi maschili della la. deci, greca. Per. es. Ciiarmidai~Xapp.ldov, Calliclai—XccV.rAov (1).
3.a Comincia con Azzio il periodo della restaurazione e conservazione delle forme greche (2). Per lui tornarono: Hectora, Oresten, dracontis ed altro forme più fedeli all' originale, e da lui comincia l'oscillazione che si nota ancora ne' classici tra le desinenze greche e le latine nei nomi greci. Al tempo delle prime guerre civili troviamo scritto lS greco, e le greche aspirate scritte con ph, eh, ih: uso che durante la guerra gallica era già divenuto universale. Per sentimento della proprietà della lingua romana, e per rispetto a tutto ciò che era antico e poteva essere conservato, Cicerone difendeva ancora la vecchia scrittura pulcros, Cetegos, trium-pos senza le aspirate, e preferiva le terminazioni latine Gelo, Eiero, Plato, Agamem-nonem, Eieronem ecc. alle greche che largamente si venivano introducendo. Orli era in questo avversario Varrone, che amava megli ) scrivere Eelicona, lampada, e sche-masin anziché Eeliconem, lampadem, schematibus (o schematis)
4,a È quella de: poet. del secolo d'Augusto, per opera de'quali invalse l'uso dei genitivi cs, iog^ eco^ vog^ cvg e del dativo ei, degli accusativi a,
vjv, %, tv, w, del vocativo c, del nominativo plurale ss. Le quali forme, e segnata-
(1) Chi fosse desideroso di vedere altri esempi di questi latiniEzamenii, li cerchi nel secondo volume di Corssen, pag. 250-1, ed anche nel secondo volume della grammatica di Svhneider.
(2) Varrone. L. L. X. 70. M. Jccius liane in Irayoediis lurgius a prisca consuetudine movere coepit, et ad f or mas graecas verborum r.iagis revocare.