CAPITOLO II. — PRIMA ETÀ'.
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2. Un accento grave che si unisce con un circonflesso in:
sù—cip te=suo.p te pitù—ila —pituita.
w
fii — ùse=fuisse. è—Or uni=corum
Dicendo più sopra che V acuto può stare solamente sulle sillabe brevi, ed il circonflesso sulle lunghe, notai già un primo segno di unione o di dipendenza, che si voglia chiamare, dell'accento dalla quantità. Ma ve n'ha ben altr e più grav:, e nel latino sopratutto i vincoli che legano quello a questa sono fortissimi. Diffatti noi sappiamo :
1. Che, eccettuati necessariamente i monosillabi, nessuna parola latina può prendere l'accento sull'ultima sillaba
2. Che l'accento fondamentale non può mai oltrepassare la terz'ultima sillaba della parola, e per parlare più esattamente, non può mai aver davanti a sè più che tre sillabe brevi (1).
3. Che la penultima sillaba lunga domanda costantemente 1' accento.
Da ciò si vede che raccento latino è vincolato saldamente alla quantità della penultima sillaba, assai più che il greco non sia alla quantità dell'ultima, ed ha poi comuni con esso i limiti per la distanza dalla sillaba Anale (2). Però la più importante differenza tra le due lingue in questo rispetto è l'assoluta mancanza di voci ossitone nel latino, mentre n' è sì abbondante il greco; differenza che rende appuntino il carattere grave e solenne dell' un popolo, di fronte alla vivacissima e quasi leggiera mobilità dell'altro. E questa regola non patisce, come già dissi, altra eccezione che quella de'monosillabi, e di alcune parole troncate, dove l'accento ha conservato il suo posto (3): non essendo da accettare la teorica di que'grammatici latini, che ingannati dall'uso greco credettero necessaria l'accentuazione delle ultime sillabe anche in latino, per distinguere voci d'uguale forma e di diverso significato (4).
(1) Le varie possibili posizioni dell'accento fondamentale (sia acuto, sia circonflesso) rispetto ai numero ed alla quantità massima delle sillabe, sono:
i v _ j ! v - ,ivv, Jvv
(2) Le regole dell'accento latino furono con mirabile brevità c precisione esposte da Quintiliano nel passo che qui mi piace di riferire. 1. b. 30. « In omni voce acuta intra numerum trium sylla-barum continetur, sive hae sunt in verbo solae, sive ultimae, et in his aut proxima extremae aut ab ea tertia. Trium porro, de quibus loquor, media longa aut acuta aut flexa crii; eodem loco brevis utique graverai liabebit sonum, iueoque posiìam ante so id est ab ultima tertiam acuet. Est autem in omni voce utique acuta sed numquam plus una, nec unquam ultima, ideoque in disyllabis prior. Praeterea nuinquam in eàdcm flexa et acuta, itaque neutra claudct vocein latinam. Ea vero , quae sunt syllabae unius, crunt acuta aut flexa, ne sii aliqua vox sino acuta'.
(3) Ad esempio: ilUce — illic, tantóne = tantàli, caldine = audin, credane — credòn, Jntià-tìs — Anliàs, prodùce — prodàc. Coll'andar del tempo, e seguendo la tendenza propria di retrocedere, l'accento abbandonò l'ultima sillaba di produc, Jnlias e simili, che tornò baritona.
(1) E la teorica di Nigidio Eigulo e di Prisciano, il quale a pag. 1283 insegna, che: Apud la-cinos in ultima syllaba nisi discretionis causa poni non potesè accenhis, e se ne serve per distinguere :
poné da póne (Imperativo). siné da siile (Idem) ergo da ergo (congiunzione).
circinma circum (sostantivo', ecc. e per le preposiziuni bisillabe stabilisce la medesima re -