Stai consultando: 'Storia della Letteratura Romana ', Cesare Tamagni

   

Pagina (40/608)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (40/608)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   24
   LIBRO I'RIMO.
   2. Nelle vocali. I dittonghi die nel latino, come in generale nei dialetti del settentrione, si sono molto corrotti, mostrano invece di aver soli'erto meno nei dialetti meridionali, nell' osco segnatamente ; col qual latto conviene V altro elio la voeal radicale s'affievolisce nei composti in latino, e si conserva negli altri dialetti (1).
   3. Nelle declinazioni. 11 genitivo singolare dei nomi in a è in quei dialetti, come in greco, as, nel latino classico ae (2) (precisamente ais — as, = al, ed ai = ae) quello dei nomi in us In osco è eis, in unihro és, ér, in latino ei (i) (risalendo però tutti ad un primitivo e comune ois): il locativo, che nel latino si va mano mano perdendo, è in quei dialetti meglio conservato ; finalmente il dat. plur. in bus è proprio soltanto dei latini, facendosi nell'umbro per progressiva alterazione us (fratr-us=/ra~ tri-bus).
   4. Nelle conjiuj azioni. L'infinitivo umbro ed osco in um è ignoto ai latini, i quali alla loro volta in luogo del futuro coli' ausiliare es (her-esl volet nell' osco, fer-est = feret nell'umbro) adoperano per significare questo tempo le forme stesse del congiuntivo e dell' ottativo (dicam, dices), oppure fanno un futuro composto col-l'ausiliare fuo (ama-bo) (3).
   Queste differenze (e non son qui tutte) sia tra il gruppo italico e la lingua greca, sia tra i vani dialetti di quel gruppo medesimo sono risultati e testimonianze di avvenimenti storici. Per esse noi vediamo confermarsi quella che in tanta oscurità ed incertezza di notizie è oggi ancora 1' opinione più probabile : cioè, che dal comune grembo dei popoli e delle lingue arie uscì dapprima una stirpe la quale abbracciò insieme gli avi degl'italici e dei greci, che da questa poi si staccarono gli italici, i quali nuovamente si divisero in due rami: l'uno occidentale, che fu il latino, l'altro orientale che gettò altri due talli l'umbro e l'osco (4).
   Staccato così dal prisco tronco italico, in un tempo che la stona non può trovare, il latino ci si presenta nell'età storica come la lingua degli abitatori del Lazio, e nel seguito poi in più special modo come la lingua di Roma, che ne fu la capitale. Solo da questo momento, cioè dal dì che diventa la lingua dei Romani, noi cominciamo a vedere la storia del latino colla luce de'documenti : i quali sono i monumenti e le opere varie della storia e della letteratura. Qui possiamo finalmente studiarlo nelle scritture: sieno poi esse scolpite in marmo, incise in bronzo, o tinte sulle pergamene e sui papiri.
   § 6. — Dell'alfabeto latino
   I popoli italici, e tra essi i latini, ebbero 1' alfabeto fenicio dai Greci, e però accresciuto dalle lettere u, y, / state primamente trovate nella Grecia.
   Circa l'introduzione dell'alfabeto greco-fenicio sappiamo questo solo con certezza, che gli Italiani ricevettero in tempi diversi dalla Grecia due alfabeti alquanto differenti.
   che l'esempio si fece strada lino nella stessa lingua latina, lasciandovi popina per coquina, Epona per Equnna; che era la Dea de'cavalli. (Vedi Ascoli, Lingue e Nazioni, nel Politecnico dell'aprile 1864.)
   (1) Basti confrontare le voci dell'umbro: arkani,prukanurent, subnhlu, arhabas, Jupater, e dell'Osco anterstatai colle latine: accinen, procinere, subigere, adhibtre, Jupiter, interstitium, an-tislitem. Del resto le maggiori prove di questo e de' fatti analoghi sono da vedere nella grande opera di Corssen: Utber Jussprache, Vokalistnus und fìetonung der laleinischen Spraclte, che a cagion di gratitudine e d'onore nomino qui una volta per tutte; essendomi essa stata duce e maestra precipua in questa parte del mio lavoro.
   (2) A scanso d' errori giova avvertire che la differenza interviene tra le lingue già formate ; i prineipii sono comuni.
   (3) Corssen lo dice un Dorico aulico (od altro simile) che in origine avea tre segni per la S, cioè (fj, A, Samech, Zudc, Schin fenicii.
   (ì) MommEon, R. G. I, pag. ì3, l'I,