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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO II. — PRIMA ETÀ'. 21
   idiomi presentano quindi certi caratteri comuni che li distinguono dagli altri popoli indo-europei, mentre poi essi medesimi si dividono l'un dall' altro per parecchie notevoli differenze.
   Nella fonologia essi hanno di comune.
   1. La spirante F, che mentre li accosta all'Etrusco $ (3) (falisco f ) li allontana ugualmente da tutti 1 dialetti greci, e pur dal sanscrito.
   2. La mancanza delle consonanti aspirate alle quali suppliscono sia colle medie corrispondenti, sia colie spiranti F od E (1).
   3. La semivocale I rappresentata in greco dal digamma eolico, e però uscita ivi quasi affatto dall'uso.
   4. La conservazione del J sia ne'nomi, sia ne'verbi, il quale in greco scomparve tramutandosi in altri suoni; come si vede confrontando, per esempio: major e heifflv, jugum e 'Cuyov^ Jovis e T&jM jungo e '(evyw;j.i!^mejo (mingo) ed òyÀya.
   5. La mutazione in 'il di una S mediana tra due vocali, ed anche di una S diventata finale, per essere caduta la vocale che la seguiva. Cominciata, a quanto pare, in latino durante le guerre sannitiche, questa mutazione si fece larga strada anche nell' umbro, meno nell' osco, e costituì una delle più notevoli differenze tra i nostri ed i dialetti greci, dove la S nelle medesime condizioni cadde sempre. E ad essa sola si deve, che appajauo tanto diverse la declinazione latina e la greca di nomi pur uguali come sono p. e., ykvoq e genus (2). Un altra proprietà che congiunge le favelle italiche di fronte al greco, è la conservazione della S là dove i greci l'hanno mutata nello spirito aspro; così che alle voci latine somnus, super, septem e va dicendo, corrispondessero le greche: unycg, unkp, ima.
   6. La tendenza a ritirare l'accento verso il principio della parola, che hanno comune cogli Eoli e cogli Etruschi; maggiore però che quelli, minore che questi. Quindi fu facile in esse la perdita delle vocali brevi in fine di parola, e l'affievo-limento delle lunghe ; e l'umbro lasciò cadere facilmente anche le consonanti finali, che il latino potè conservare per più lungo tempo solo in grazia della sua letteratura. Questa facilità ad alleggerire od a perdere i suoni finali, fatti deboli dalla lontananza dell'accento, fu cagione che in esse lingue taluni suffissi casuali si ugua-
   (1) Chea le attinenze delle medie e delle spiranti latine colle tenui aspirale greche, l'opinione dei linguisti è oggigiorno divisa in due campi, sostenendo da una parte Corssen che non ve ne sia. alcuna, e che le inedie e le spiranti latine risalgano immediatamente alle medie aspirate sanscri-tiche (ì>, /, h — bh), mentre Ascoli difende il contrario avviso, che dalla media aspirata siasi fatta una tenue aspirata italica, rappresentata prima dalla succedanea f, e poi dall' h e dal 6.
   (Sfy Ancora nel latino classico abbiamo vive e vicine l'una all'altra l'originaria » e la più giovane il in quae.ro quneso, narìs nasus, od altri esempi di cui sarà detto a suo luogo. Le differenze recate dal diverso modo di comportarsi della S nella flessione, appaiono chiare dal seguente e? empio : ,
   Singolare.
   N. ysvog
   G. ysvsa-oc, ysvso;, ysvov; D. 'ysvsff-j, ysvsi
   Plurale.
   N. yivsi7-x1 ysvcCe, ysvr] G. ysvso-wv, «ysvswv, yivùv
   D. ysvsai
   Singolare-N. genus.
   G. gcnes-os, genes-ìs, gener-is D. genesB gener-i.
   Plurale.
   N. genes-ci, gener-a. G. genes-um, gencr-um
   D. genes-i-ius, gener-i-bus.