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LIBRO I'RIMO.
confinando a mattina coi Veneti, da cui li separava l'Adige, a mezzogiorno ed a sera coi Liguri, essi dovettero cedere davanti alla grande invasione celtica, cominciata, come di sopra fu detto, nel sesto secolo avanti Cristo. Cacciati da questa valicarono il Po, dove si mescolarono cogli Umbri, che già vi aveano due importanti einporii, Adria e Spina, ai quali eglino aggiunsero P'elsina e Ravenna: poi valicato l'Apennino, occuparono quel paese, che oggidì ancora da loro si noma la Toscana, e che toccava a settentrione la Liguria, da cui malamente li divideva il fiume Magra, ed a mezzogiorno il Lazio, donde li separava prima la selva Ciniinia, poi il Tevere. Al dì là del Lazio essi, che erano sopra tutto un popolo di navigatori, aveano fondato colonie e fattorie mercantili nella Campania. Essi formavano una confederazione di dodici città, i membri dcdla quale erano però indipendenti l'uno dall'altro, e solo nei momenti di grave pericolo si univano per eleggersi (1) un re comune. Dall'indole prettamente aristocratica e sacerdotale della loro costituzione, e però dalla rigorosa separazione che sempre vi si mantenne tra la classe dominante e la numerosa popolazione sottoposta, nella quale non è diffìcile riconoscere gli Umbri che non emigrarono, si può ragionevolmente indurre che gli Etruschi discesi nella penisola fossero pochissimi, e che vi rimanessero senza confondersi cogli antichi abitatori come una signoria straniera accampata nel paese. Ed a questo aggiungerebbe probabilità l'avviso di altri eruditi, i quali negli Etruschi che non solo la tradizione ma pur la storia fa venire a Roma, dove per tempo ebbero un proprio quartiere (vicus Tuscus) ai piedi del Palatino, vedono non già i dominatori, ma gli Umbri soggetti che da quelli aveano preso il nome ; press'a poco come noi Galli transpadani da quel piccolo stuolo di barbari che ci conquistarono nel sesto secolo ci nominiamo ancora Lombardi.
Comunque sia di questa oscurissima parte della nostra storia, moltissimi fatti provano che l'Etruria ebbe prestissimo attinenze con Roma. Basti citare per tutti la dinastia de' Tarquinii, la quale fosse partita da Cere, o daTarquinii, proveniva certamente da quel paese. Evidente è pure l'azione dell'Etruria in molte istituzioni romane, sì civili, sì religiose; e da Livio sappiamo che dall'Etruria vennero a Roma in occasione di una pestilenza i primi ludi scenici (2). E tra la costituzione etrusca e la romana v'erano pure molti punti di somiglianza. Nate entrambe dal comuue, erano rette allo stesso modo da re, o Lucumoni, ornati delle stesse insegne e fors'anche dello stesso potere; medesima separazione tra i maggiorenti e la plebe, medesima ordinazione delle genti e delle famiglie, che si rivela nel modo analogo di dedurre e formare i nomi propri. In due sole cose, ma importantissime, differirono i due popoli, le quali bastano a spiegarci perchè l'uno cedesse all'altro il posto nella signoria della penisola, e sono: che gli Etruschi adoperavano milizie mercenarie, i Romani cittadine; che quelli erano tenuti insieme da un vincolo federale lentissimo, e nessuna città vi padroneggiava, mentre nella confederazione latina Roma fu invece capitale fin da principio, e ben presto signora. Le tre città più potenti e capitali, come dice Livio, della Etruria erano Vulsinii, Periisia, Arretium (3).
La lingua etnisca è, come già dissi, un enimma, che la scienza finora non ha potuto sciogliere. Essa fu paragonata una per una con tutte le lingue conosciute, e con nessuna finora mostrò chiari segni di parentela. Talché non fu possibile asinità degli Etruschi con popoli venuti neìla Piezia, a cui diedero il nome, e ivi solo in parte rimasti. 2.° Che era comune opinione de' Romani, almeno a quei tempi, che la dominazione elrusca fosse partita dalla Toscana per estendersi nella valle del Po, e fin dentro all'Alpi rezie, non di là discesa. Ed è pur questa oggigiorno una delle molte opinioni, che corrono intorno a quel popolo misterioso. Prastat igilur rem in medio relinquere.
(11 Peter. Ròm. Gesch. 1, Bit. 9.
(2) E Livio slesso ci narra che nel quinto secolo i fanciulli romani venivano ammaestrati nella lingua e nelle lettere etnische, come più tardi nelle greche. Vedi anche Cic. Piv. 1, 'il e ciò che se ne dice più avanti, dove traltiamo delle scuole.
(3) Liv. 10,57. Tres vulidissimae urbes, Etruriae capita., Vulsinii, Permia, Arretium