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Storia della Letteratura Romana

Cesare Tamagni
Francesco Vallardi Milano, 1874, pagine 590

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo ii. — prima età'.
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   all'infinito, si contiene la quistione quant' altre oscura dei popoli e della prisca lingua italica; della quale può ben oggi la scienza con ardite induzioni ricostruire per avventura qualche forma, risalendo colla scorta dell' analogia il corso delle trasformazioni fonetiche, ma dire esattamente qual fosse ancora non possiamo per la scarsezza e la oscurità dei documenti.
   Però, prescindendo dalle colonie e dai dialetti della Magna Grecia e delie isole, la immigrazione dei quali in Italia tocca già quasi l'età storica della lingua e della gente greca, tacendo de' Liguri e dei Celti (i quali ultimi non scesero tra noi che nel sesto secolo avanti Cristo), si possono nell'età posteriore al periodo, che dicemmo prisco-it.alico, distinguere nettamente in Italia (1) tre popoli e tre favelle, che sono: i Messapii. gir Etruschi e gli Italici propriamente detti, i quali alla loro volta si diridono in due grandi rami: il latino da una parte, l'umbro e l'osco dall'altra.
   Dei Messapii poco possiam dire. Essi abitavano l'estremità orientale d'Italia, la penisola calabra, detta Messapia, che forse in loro lingua poteva significare paese posto in mezzo alle acque. Pare però che popoli d'ugual stirpe e d'ugual lingua abitassero originariamente anche la superiore Apulia. La lingua di questo popolo, il quale non lia storia perchè si grecizzò ben tosto, ci è nota solo per un certo numero ci iscrizioni, che raccolte e pubblicate la prima volta da Mommsen, non furono fin qui potute spiegare. Pare che contengano molti nomi proprii, e l'indagine grammaticale vi rinvenne flessioni e forme proprie alle lingue indo-europee. Cosi i genitivi aiTd, ed ihi rispondono al greco oto ed al sanscrito asya; così il suffisso ahias di alcuni nomi può corrispondere al suffisso osco-latino asius, arius; così non è finalmente affatto lontana dal vero la congettura di Stier che Beiliihi (gen. di un probabile Bilias) sia uguale a filli genitivo latino di fìlius (2). Con queste ed altre probabili congetture la scienza tenta di trovare a questo dialetto il suo posto nella famiglia indoeuropea, alla quale certamente appartiene. Ognun vede che con così scarsi mezzi è difficile poter giudicare se e fin dove esso somigliasse agli altri dialetti italici, o se, come pare ancora ai più, non ritenesse piuttosto le sembianze di un dialetto greco, confermando la tradizione che fa la stirpe, che lo parlava, distinta dai Latini, dai Sanniti, e dagli altri popoli italici più fra loro affini. Fin qui pare molto ragionevole l'opinione di Teodoro Mommsen, confermata anche dalla situazione geografica, che i Messapii siano i primi arii discesi in Italia, dalle successive immigrazioni respinti poi mano mano in quell'ultimo angolo della penisola.
   HI molto più possiamo dire degli Etruschi, l'origine dei quali sarà ehiai amente nota sol quando si sarà potuto sciogliere l'enimma della loro lingua. Ciò che finora sappiamo di più certo si è che (sieno poi venuti per mare dalla India, come racconta Erodoto, o per terra dalla Tessaglia, ovvero, come si pensa forse più ragionevolmente da molti-oggigiorno, e come farebbe credere il loro nome Rasennae, sieno discesi m Italia per le Alpi retiche, dove ancora ai tempi di Livio si udiva parlare un dialetto etrusco) essi furono prima di Roma un popolo potentissimo, e stesero per un momento la loro dominazione dall'Adriatico al mar Tirreno (3), al quale diedero il nome. Nella valle del Po, dove prima erano discesi e per un certo tempo avevano fatto dimora,
   (1) Vedi Mommsen R. G. I, Cap. 2.
   (2) Vedi ancora la Zeitsciirift. Voi. VI, pag. 142.
   (3) Liv. V, 33. « Tuscoruni ante romanum impeiium late terra marique opes patuere. Mari sii. pero irferoque, quibus Italia insulsa modo cingitur, quantum potuerinl nomina sunt argumento, quod alterum Tuscum, communi vocabulo gentis, alterum Atrialicum mare ab Atria Tuscorum colonia vo-cavere Italiese gentes: Gneci eadem Tyrrherum atque Adriaticum vocant. Et in utruuiqus mare vergentes incoluere urbibus duodeuis terras, prins cis Apenninum ad inferum mare, postea li;ans Apenninum totidem, quot capita origiuis eranc, coioniis missis, qua trans Padum omnia loca, excepto Venetorum angulo, qui sinum circumcolunt maris, usque ad Alpes tenuere. Alpinis quoque ea gentibus haud dubie origo est, maxime Rsefiis; quos loca ipsa effwrarunt, ne quid ex antique pr?etcr sonum 'ingusc nec eum incorruptum, retineveut. « Ba questo luogo di Livio si vedono chiaramente dus cose: 1.° L'affi-
   Tamagiì!; Letteratura Romana. 3