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LIBRO I'RIMO.
greca precedettero la romana, e clie perciò i Romani poterono credere d'aver ricevuto dalla Grecia insieme coi primi rudimenti delle arti e del vivere civile anche la lingua ; esaminando più sottilmente il latino ed il greco avrebbe taluno potuto ad uguale ragione sostenere, che in questo fosse invece entrata larga copia di quello. Cliè in certi rispetti il latino presenta forme assai meglio conservate e più vicine alle origini che non il greco. Ma fortunatamente codeste le sono ubbie, che un po' di scienza e di ragione ha ora fugato e per sempre. Certo dal greco passarono più tardi molte voci in latino quando quest' era già formato, come molte dal latino passarono nel greco coli' armi e colle leggi romane, ma questi prestiti che somigliano appuntino a «lucili che oggi si fanno tra loro l'italiano, il francese, il tedesco, l'inglese, riguardano le età ulteriori non le origini, come l'introduzione di frasi e costruzioni greche fatte dai poeti prima, e passate poi eziandio nella prosa, non lio che fare colla primitiva struttura della grammatica latina. In queste intime attinenze del greco col latino, oltre il comune lignaggio, un altro fatto solamente è vero, perchè appunto da quella comunanza trae la sua origine e la sua più naturale spiegazione. Ed è la facilità colla quale i Romani appresero il greco, e se ne giovarono per trarre dall'idioma latino, che già si veniva corrompendo, la nobile favella di Cesare e di Cicerone. In questo senso altri può certo affermare che il greco ha per gran parte contribuito a fare il latino; quando cioè si voglia intendere, che da dialetto delle plebi l'ha elevato alla dignità di lingua letteraria. E questo ci prova ancora più che le due lingue, come le due genti, erano sorelle incontratesi dopo lunghi secoli di separazione, acciocché l'una di esse divenisse prima suddita e poi maestra dell'altra.
Messa quindi da banda questa ipotesi d'una lingua mista di greco e d'altri men noti elementi, la quistione delle origini della lingua latina viene da un canto a far capo alla quistione più generale dell'origine di tutte le favelle arie, mentre dall' altro si connette più propriamente colle speciali ricerche intorno alle prische genti e favelle italiche. Nella storia generale delle lingue arie noi possiamo distinguere tre periodi: Tindo-europeo, quando tutti i popoli di questa famiglia abitavano insieme nella comune patria; l'europeo, quando già i popoli europei s'erano divisi dagli altri; poi il periodo de' singoli popoli, che dopo la venuta in Europa si divisero per recarsi a prendere ciascuno la propria sede. Da quest'ultimo si stacca l1 periodo, che potremmo chiamare prisco-italico, quando gli italici di stirpe indoeuropea formavano ancora un solo popolo. Di qui prende le mosse la quistione delle origini italiche, che alla sua volta si scinde in parecchie più particolari domande. l.° Con quale dei popoli europei furono gli italici più lungamente uniti (1), innanzi di scendere a porre separata dimora nella penisola? 2.° In quali genti e favelle si divisero, dopo che furono stanziati in Italia? 3.° Quali di queste genti mostrano ancora nell'età storica maggiore affinità di stirpe e di linguaggio? 4.° I popoli italici furono tutti arii, e in qual ordine di tempo si succedettero gli uui agli altri? 5.° Non vi furono nell'Italia come nell'India e nel settentrione dell'Europa popoli autoctoni, anteriori alla discesa degli arii? In queste ed altre domande, che potrebbero sminuzzarsi
(1) Scliloichcr forma il gruppo italo-celtico. Altri eruditi elevarono forti dubbi sulla esistenza di un proprio gruppo italo-greco; la sostennero Curtius, Leo Meyer, Ascoli, ecc. Vedi la Zeitschrift di Kuhn c Schleicher, Voi. XVII, 8, dove Forstemann dà una lista di 230 voci greco-italiche. La somiglianza dell'italico col celtico comincia ad essere sostenuta anche da Corssen : massime per i dativi plural in bus, e i futuri in ho.
Jo lascevò poi dire dai glottologi quanto sia vicina al vero queir opinione di Denfcy (Voriearl zur FickJs ìvòrterbuch der indogermcmischen grundsprache. Gottingen, 1808, IX), per la quale gli Arii non che essere venuti dall'Asia in Europa, avrebbero anzi abitato dalle origini questa nostra parte del mondo, sarebbero, in breve, i nostri autoctoni. Il problema delle origini dei popoli e delle lingae arie prenderebbe, se ciò fosse vero, un aspetto così nuovo e diverso, che innanzi di seguire l'arditissimo linguista in questa nuova via di investigazioni e di ipotesi, giova attendere che <( tempo e la scienza abbiano portato i loro frutti. E restare, per intanto, col parere de' piìu