CAPITOLO I. —1 CONSIDERAZIONI GENERALI.
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speciale dono d'ingegno, 11011 guari dissimile da quello che la natura concede ai poeti. Critici nascuntur: e chi non nasce, indarno s' affatica per diventarlo. Giacché se 1' opera del critico deve ricostruirmi un passo d'oratore, di storico, di poeta, la mente sua dev' esser tale e tanta da poter leggere nientemeno che nel pensiero di Cicerone, di Virgilio o di Tacito. E casi recentissimi hanno provato quanto sia frequente 1' errore, e sdrucciolevole il pendio delle congetture, che trae facilmente a rovina insieme col testo anche la buona fama di chi lo volle emendare. Sul quale pendio si son forse gettati troppo precipitosamente molti e pur valenti critici della dottissima Germania, dandoci di tali edizioni di Livio, di Terenzio (1) e di altri scrittori, che fra non molto dovranno essere rifatte. Nè voglia Iddio che un' improvvisa reazione ci salvi dai nuovi errori, col ricondurci agli antichi.
Per fare il dover suo, e non correre questi pericoli ha però la critica certe regole così fattamente inerenti alla natura dell' arte stessa, che ì migliori rade volte le dimenticano, come sono quelle : che nessuna emendazione debba essere fatta contro la concorde autorità de' codici antichi, e che non sia lecito mutare una lezione difesa da buoni codici solo per migliorare il senso o la forma del testo. La crìtica non avendo l'autorità di vietare, che anche gli ottimi scrittori fossero in alcuni luoghi inferioii a sè medesimi. Fu appunto il giudizio, per non dire 1' arbitrio individuale entrato per questa porta, quello che scosse dai cardini la buona critica, e la precipitò sulla china delle capricciose indovinazioni.
La conoscenza della grammatica e la perizia nell'arte critica devono per ultimo essere adoperate a ben intendere gli autori; giacché non in altro che nella retta interpretazione degli autori consiste alla perline lo studio così della romana, come d'ogni altra letteratura. Quindi deve quella essere il centro al quale traggano da ogni parte le ricerche delli eruditi e dei maestri, la guida che dia moto e direzione alle loro fatiche. Senza una piena cognizione degli autori non vi è sapere letterario, ned' è possibile una sincera dottrina dell'antichità latina ; che negli autori soltanto rivive col suo spirito, rivive con quella virtù, la quale al dire del poeta, comandava ai popoli perdonando ai soggetti e debellando i superbi. Quindi ogni studio di lettere e d' antichità fatto da chi non abbia intima ed antica famigliarità cogli autori, o si sgretola e muore in arida erudizione, ovvero si consuma m futiiissiini vaniloquii, Sangue e color di vita non ha mai.
L'interpretazione degli autori, o, come si dice, Y Ermeneutica, non è però più che la critica una scienza; ha certi principii, certe norme che si possono e si devono seguire, ina piii che una dottrina teorica, è anch'essa, come la critica, un'arte pratica che domanda molto sapere congiunto a non poco ingegno ed a molta esperienza. Essa è, come l'ha ben definita Wolf, l'arte di comprendere i pensieri degli altri, così appunto come da loro furono pensati. Quindi essa richiede innanzi tutto uno spirito agile, pronto, e che si pieghi facilmente a ricevere i pensieri altrui Questa facilità e pieghevolezza dell' animo cresce poi coli' uso, e coli' estendersi delle cognizioni a molti e diversi autori. Si vuole inoltre molto acume di giudizio per scoprire nel modo di pensare d'uno scrittore quella legge di analogia, che ti porga la chiave ad intendere ogni volta ciò che veramente egli abbia pensato. Ora ognuno vede che arte difficile essa diventi, quando debb'essere adoperata ad intendere i pensieri di uomini clic vissero a tanta distanza da noi, che ebbero idee, sentimenti, costumi tanto da'nostri diversi, che scrissero di moltissime cose a noi poco note in una lingua, la quale richiede essa pure un lungo e continuo studio ad essere sempre ben capita. Epperò 11011 diceva male Orazio: doversi gli esemplari greci, e 1101 soggiungeremo i latini, svolgere con diurna e notturna mano; vivere con essi essendo l'unico sicuro modo d'intenderli. Giac-
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(1) E sono davvero uomini valentissimi, di acuto ingegno e di dottrina non comune I. N. Ma-dvig, Alfredo Fleckeisen, e di tutti forse il più audace Hofmann Peerlkamp, ai quali ho voluto alludere in 'special modo. Ei questi pencoli della critica congetturale parlai anche più diffusamente nel Saggio sopra l'Jutoredel « Dialogo degli Oratori ». Vedi i Rendiconti dell'Istituto lombarde, Serie II, Voi. II, Fase. HI.