Storia della Toscana dalla fondazione di Filippo Moisè

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      cìntolo settimo
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      direttamente cogli altri popoli, ed esserne esclusi i Toscani. Erano poveri i sudditi, poverissimo l'erario, seminate di accattoni, di malviventi le città e le campagne. Il granduca avea desiderio di riparare a tanti mali, ma non rispondevano le forze alla buona volontà, non rispondeva con pari energia il Consiglio, non rispondevano coloro che gli stavano attorno. Si dettero incoraggimenti a quelle arti che più avevano sofferto, quelle della lana e della seta; s'intrapresero opere pubbliche, coltivazioni per impiegar le braccia; si dispensarono vittovaglie e masserizie ai più bisognosi; ma questi ed altri provvedimenti non impedirono il progresso della miseria e del contagio-
      Anni 1630 dell'E. V. — Sui confini che mettevano in Lombardia erano fitte schiere di soldati; si mandavano via ciarlatani, zingari ed ogni maniera di vagabondi; si rinchiusero poi gli accattoni e si provvidero di vesti e di cibo, ma il contagio, venuto nel maggio a Parma, nel giugno era già a Bologna, e segni certissimi se ne manifestarono nell'agosto anche in Firenze. Fu aperto un lazzeretto sul monte di San Miniato, un altro alla Badia fiesolane, un terzo a San Marco Vecchio,, scegliendo saviamente i luoghi più alti e più ventilali, e ordinando che ognuno, qualunque fosse il grado o la condizione, dovesse, collo dal morbo, esser colà trasferito. Pel contado non v'erano lazzeretti, ma due uomini per ogni piviere destinati a fare spurgar le masserizie di quelle case dove alcuno fosse morto del contagio, a farle • hiudere e seppellire i cadaveri in cimiteri nuovi. Annunziatasi il morbo con lieve calore alla testa, con smania per tutta la persona, indizio di febbre; poi appariva una punta nera o carbonchio, il quale non lasciava più dubbio della gravità del caso. Ad alcuni dopo la febbre sopraggiungeva il delirio, cui pel solito susseguiva la morte. Se riusciva al malato di vareare il settimo giorno, potea sperare di scamparla.
      Nell'autunno la malattia incrudelì; nell'inverno parve cedere. Perirono nella sola città in quattro mesi quasi nove-mila abitanti, e giustizia vuole cbe al granduca si facciano meritati elogi pel modo veramente raro e generose eh' ei tenne in questa dolorosa circostanza.


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Storia della Toscana dalla fondazione di Firenze
di Filippo Moisè
V. Batelli e Compagni Firenze
1848 pagine 378

   

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