Storia della Toscana dalla fondazione di Filippo Moisè

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      CAPITOLO TERZO. 133
      caposcala, diè un gran colpo all'uno sulla testa, e all'altro in un braccio, e dalla famiglia del palazzo, accorsa in aiuto, li fece chiudere ambedue in prigione.
      Quando questa cosa fu nota ai Ciompi ragunali in Santa Maria Novella s'udì un fremito di rabbia e di vendetta, e tutti parvero risoluti di precipitare ad estreme violenze. Si delle nelle campane delle chiese, da tutte le parti accorsero uomini ad ingrossare il tumulto, la città era minacciata da sanguinosa guerra civile. Ma alle allre campane sopraslava quella del comune, fatta suonare a rintocco dal gonfaloniere, i, quale mirando alla gravità dei casi fece uscir fuori i gonfaloni delle Arti, formar le compagnie, e con incredibile sollecitudine occupar la piazza prima che vi si versassero i Ciompi. Egli poi, cupido di finirla una volta, e aborrendo dalla vergogna del suo predecessore sopraffatto e cacciato via d'officio dal popolo, lasciò buon presidio al palazzo, e salito a cavallo alla testa delle compagnie, col gonfalone spiegato , corse a sorprendere i turbolenti a Santa Maria Novella, dove credeva trovarli, empiendo le strade delle grida vivano le Arli ! muoiano i traditori I morte ai vili che vo-glion dar la ciltà ad un signore 1 1 Le quali parole, guadagnandogli il favore dei cittadini e crescendo l'aborrimento verso i Ciompi, gli chiamarono attorno grandissimo numero di difensori.
      I Ciompi però, con lo stesso divisamento di assalire , s' erano mossi verso la piazza, cosi cbe Michele, tornando indietro da Santa Maria Novella dove gli era fallito il disegno , trovò presa dalla plebe la piazza e combattuto ferocemente il palazzo. Senza sgomentarsi li colse allora alle spalle, e tanto furiosamente li combattè cbe presto li ruppe e disordinali li cacciò in fuga. Per la virtù mirabile di Michele di Lande il palagio rimase in potere dei signori.
      II tumulto posò, la plebe sbigottita non osò più mostrarsi, i migliori artigiani si ravvidero, i cittadini si rass$-* renarono, la repubblica fu salva da un grande stermìnio,
      li di seguente si aveano a fare i nuovi signori, e di questi, due uscirono dalla feccia del popolo; ma perchè la
      1 8* era fatto ad arte correr roce fra il popolo die per una pratica «•{reta volerai dare la città al duca di Ferrara.
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Storia della Toscana dalla fondazione di Firenze
di Filippo Moisè
V. Batelli e Compagni Firenze
1848 pagine 378

   

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