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Processo fatto subire in Napoli nell'anno 1863 alla Principessa Carolina Barberini Colonna di Sciarra nata Marchesa di Pescopagano
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il giudizio del tribunale provò che non ci eravamo ingannati.
« Se la principessa Sciarra, donna di grande spirito, persona di alla intelligenza, fosse venuta a Napoli nel disegno di cospirare per Francesco II, ed avesse in falli cospiralo, a che portare lettere in cifra, quando col vivo della voce avrebbe potuto riferire il tutto a Francesco II?—Complice, era ancora più assurdo che adibita fosse a portare delle lettere —Noi invochiamo dunque in suo favore la pruova istessa che altri accampa contro di lei » (1).
Ricapitolando adunque: se la frequenza dei borbonici presso la Sciarra, sia in Roma, sia in Napoli, non è provala, se le prevenzioni a suo danno promanano dalla impura ed illegai fonte d'una anonima denunzia; se le gravi lettere in cifre erari chiuse in un plico suggellato, e diretto ad un nobil uomo; se sorpresa ella e richiesta dall' autorità, senza esitazione e quel plico e tuli' altre lettere esibiva; se la sola lettera aperta che ella avrebbe voluto salvare, ed è e fu reputata incolpevole, tanto da non incriminarne l'autore; se la elevatezza dello ingegno e del grado sociale di lei prova quasi impossibile ch'ella , o cospiratrice o complice, fosse addetta al tapino uffizio di recar lettere torna evidente che la sentenza di accusa a suo carico, non pur poggia sopra indizi deboli e non provali, ma sente be-nanco di un'assurdità, la quale risalta spontanea all'occhio di chiunque la legga; siccome dai citati giornali e dalla pubblica coscienza fu concordemente notato.
Eppure non è mai abbastanza raccomandato quello che gì' Imperatori rescri-veano Sciant euncti accusatores, eam se rem deferre in publicam notionem debere, quae munita sit idoneis testibus, tei instrucia apertissimi/ documenti}, tei indiciis ad prò-
(1) V. il citato num. 171 dello Ikdipendehti.
bationem indubitatis et luce clarioribut ex-pedita (cost. SS, de probationibus). Non mai abbastanza ricordato come il giureconsulto avvertisse: Perspiciendum est judicanti, ne quid aut durius aut remissius constituatur: nec enimaut severi tatis aut clementiae glori» affectanda est; sed perpenso judicio, proul quaeque res expostulat, statuendum est (fram. 11, de poenis). Nè vuoisi mica obliare quel nobile precetto del Ministro Ricciardi: « Il Pubblico Ministero, incaricalo ugualmente dalla legge a perseguitare il colpevole e proteggere l'innocente, dirige le sue mire a questo doppio oggetto ; e gli atti eh' esso promuove^ .detono con pari zelo mirare, cosi allo scovrimenlo della reità, come alla manifestazione della innocenza » (circol. 9 giugno 1813). Nè va pur mai dimenticato quell'altro sublime monito del Ministro Pa-risio: a La vera grandezza d'animo che si onora nei magistrati, è l'abito di pronunziare come la legge senza amare e senza temere; e il non aspirare ad altro premio che alla coscienza della propria virtù (circol. 8 novembre 1834). I quali precetti, dettati in tempi di paurosa servitù, se non s'ebbero allora una sempre esatta esecuzione, oh, se l'abbiano almeno nei presenti tempi, che tanta risonanza ci addussero di garan-tie, di franchigie, di civiltà.
E qui poniam fine alle nostre critiche esplorazioni: e ci guarderemmo d'altro più dire, e tutti pur vorremmo d'ogni verso il facessero. Perocché (come già da altri fax avvisato), oggi che si avvicina per la Sciarra il solenne momento del giudizio (1), oggi che in nome dell'augusto principio dell'u-gualianza, dovrà ella sedere su la scranna degli accusati, e sottoporsi alla giustizia del paese, oggi tutte le indagini, tutte le passioni debbono tacere: onde l'animo dei Giuli) Dice» fermata la pubblica discussione pei giorni th e 15 volgente, innanzi alla prima Corte di Assise, Pres. De Nardi», P. M. Gilibcrti.
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