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Processo fatto subire in Napoli nell'anno 1863 alla Principessa Carolina Barberini Colonna di Sciarra nata Marchesa di Pescopagano


1864, pagine 319

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a cura di Federico Adamoli

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   ma in verità i suoi argomenti son così sto-diati e sottili, e talvolta anche a veder nostro, sì poco fra loro concordanti e con le altre circostanze specifiche del processo (oltreché vittoriosamente confutati per le note suddette], da non parerci poter mai alcuno rimanerne in buona fede convinto (1).
   E valgane per tutti ad esempio un solo quello che pur si accampa come il più possente e decisivo, Tessersi cioè in una di quelle lettere in cifre cennato di altra simile inviata per l'organo istesso, cioè della Sciarra, la quale tassativamente vi vien nomata. Or vediamo quanto esso regga al crogiuolo di una sana e severa critica.
   Una volta dopo anni moltissimi veniva in questa città la vedova Principessa ; una volta malauguratamente ne ripartiva nello scorso gennajo. L'altra lettera a lei affidata, e che lo scrittore stesso annunziava giu-gnerebbe forse nel contempo, era quindi probabilmente un'altra delle tre lettere racchiuse in quel plico medesimo. Come mai di vero averne ella alcun'altra recata innanzi, se innanzi di qui non mosse? Non avrebbesi dunque nè più nè meno di quel che àssi dal reperto, che cioè di più lettere racchiuse in quel plico suggellato, facevasi ella sol questa volta portatrice.
   Il nome poi della Sciarra ivi apertamente segnato, lungi dal costituire quella pruova decisiva che alla Corte piace indurne, ne debella anzi a creder nostro il concetto: imperocché, se ella fosse stata affiliata e cooperatrice nei tenebrosi fatti della cospirazione, avrebbe avuto un numero o un nome posticcio, come tutti gli altri della stessa : e se anche stata fosse complice o messaggera abituale della medesima, non se ne vedrebbe come per la prima volta annunziato il nome; nè certo mai sì evelatamente e imprudentemente vergato, quando non
   (1) V. detto opoMolo, p*g. x.
   ce n'era punto mestieri, e quando la pubblicità di esso avrebbe altamente nociuto agl'interessi della setta. L'averne dunqne così apertamente propalato il nome, sembraci per contrario pruova luminosa' dello abuso che facevasi della generosa fidanza di una nobile dama, della piena inconsapevolezza e innocenza di lei.
   Elemento V. — Era il partigiano dei Borboni, osserva la Corte, che affidava quel plico a persona dello stesso colore politico: quindi la connivenza, o almeno la scienza in costei di tutto il contenuto in quei fogli.
   Quel che ci sembra aversi di certo e provato, è solo che la Principessa conosceva il Quattromani, antico famigliare di casa Barberini, per un pensionato del Governo Italiano, e quel che è più, per un vecchio affatto cieco, condizione ben poco adatta al cospirare, e meno ancora ad inviar lettere che di essa cospirazione tenesser parola; le quali non potendo egli scriver da sè, agevole ne tornerebbe il tradimento o la rivelazione.
   In quanto a lei, ed alle sue tendenze politiche, pare non cennisi altro, che l'essere stata dall'ultimo Ferdinando nominata dama di onore della sua corte. Ma quali fosser davvero la sua fede o le sue politiche aspirazioni, da niuna parte si scorge: che se ad oltranza la pubblica voce ne interroghiamo , v'à pure qualche accreditato giornale d'oltre monti il quale ce la definirebbe ben altro che ligia ai Borboni (1).
   Ma in fine sarebber queste di vaghe e remote congetture, sulle quali adagiar si vorrebbe la presunzione della connivenza di lei in quel crimine. Or bene, ove alle ripetute note non vogliasi negar fede, esse presunzioni e congetture verrebbero, se non distrutte, grandemente al certo affralite da due rilevanti e formali testimonianze. Conti) Guitti dv wdi, articolo sa disto.
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