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Processo fatto subire in Napoli nell'anno 1863 alla Principessa Carolina Barberini Colonna di Sciarra nata Marchesa di Pescopagano


1864, pagine 319

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a cura di Federico Adamoli

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   no e conflagrano. È allora che, non direm tema vigliacca o bassa ambizione di favore, ma sentimenti e propensioni che si appa-lesan giuste e nobilissime, possono invisibilmente far velo al loro intelletto, e stornarli, malgrado sè stessi, dalla via del vero. Non fu tempo, non rivoltura, non forma di reggimento, non nome illibato di Re, non larghe o rassicuranti proclamazioni, che valessero a francarci da questa dura esperienza ; la quale vien tristamente risovvenirci, che per volger di secoli o di venture mai non ci fia dato sciorinai-ci dalla creta di Adamo.
   Tale concetto, già da noi altre volte in queste pagine annunziato (1), e che ( ci piace ripeterlo) osammo affermare in tempi, che desso, meglio che a coraggio, ascrivevano a tracotanza, se non forse a delitto; ci torna pur sovente dinanzi all' anima così fitto e prepotente, da non potercene acchetare. Il che non guari segnatamente ci occorreva pel già assai noto e discorso caso della principessa Caroliua d'Andrea, marchesa di Pescopagano, vedova del principe Maffeo Barberini Colonna di Sciarra , nata fra noi, e in Roma da gran tempo dimorante.
   Per fermo, una nobile dama, appartenente insieme alla più eletta aristocrazia na-politana e romana, e che i giornali ne dipingono di culto e vivace spirito, e di avvenenti costumi (8), a udirla intrattenuta sulla sua via da Delegati di Questura, e costretta di subito in un carcere, e gravata poi della pesante acctisa di cospirazione o di complicità in essa : è tal cosa da interessarne ogni animo ben nato e gentile, e da richiamare, com' è avvenuto , la curiosità,
   (1) V. corrente anno VI, num. 8, pag. 03, e num. 10, pag. 80.
   (2) Union, 19 luglio 1863, num. 100; Indipen-rmdb, 3 agosto 1803, num. 171.
   l'attenzione, l'ansioso riguardo della opinione pubblica. Ond' è che quasi tutti i giornali di quà, e molti anche di là dalle Alpi, àn tenuto variamente ragione di questo avvenimento : e che noi, cui fra tanti il tacere saria stata colpa per la divisa giuri-dico—critica di questo nostro periodico, ci sentiamo fatta una forza di non più indugiare a portarvi su il nostro esame e la nostra qualsiasi parola.
   Già la sentenza di accusa, profferita dalla Corte d'appello in Napoli, ed assai abilmente e in forbite forme redatta (1) , ci poneva Vanimo in guardia, se non forse in sospetto: tra per qualche leggera contraddizione ; e pe' suoi talvolta troppo ar-tifiziosi ragionari: e da ultimo, e sovrammodo, per la piacevole sì, ma pure in fondo sdegnosa, ostica ironia, della qaale poco avvedutamente svelasi condita. Il efae, se depone al certo della lealtà e franchezza del convincimento de' giudicanti, non vale però del pari a garantire la perfetta spassionatezza e giustizia del pronunziato. li enim non est constantis et recti juditis, cujus animi molum rsultus dètegit (frani. 19, §. 1, de off. pfèesidis).
   Ma quando ci venner sott' occhio le osservazioni apportatevi da parecchi diarii nostrali ed esteri (2) ; quando leggemmo le lunghe e giudiziose note scrittevi intorno dal valoroso avvocato Leopoldo Tarantini (3) ; quando da persona bene intesa fummo accertato, che i riscontri processuali ivi addotti sono, come pur da noi estimavamo, in tutto al vero conformi : oh, allora non fu più in noi perplessità di dubbio nè di
   (1) V. corrente anno VI, nom. 45 e 46, di questo periodico,
   (2) Gaz ette du midi, 21 gennajo 1863, a. 9243; i su citati, ed altri molti.
   (3) La principessa Éarberini Colonna di Sciarra innansi lo Seziona d'accuta della Corte d'appello in Napoli — Voi. 1 in 8, presso Prigiobbe-Napoli, 1863.