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Processo fatto subire in Napoli nell'anno 1863 alla Principessa Carolina Barberini Colonna di Sciarra nata Marchesa di Pescopagano


1864, pagine 319

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a cura di Federico Adamoli

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   307 —
   egregio il cui valore, come giureconsulto, non può esser raggiunto che dalla sua potenza come oratore.
   « L'uno, o Signori, dopo un'analisi lucida quanto eloqueule finì coll'indirizzarsi al vostro cuore l'altro serbando a sè di discutere intorno al valor giuridico della incriminazione non si indrizzerà che al vostro intelletto. E bene, o Signori, noi non vorremmo invadere il campo dei nostri colleghi. Gelosi di lasciar vergini le impressioni prodotte dal primo, reverenti al cammino che dovrà percorrere il secondo, noi abbiam prescelto di parlar unicamente alle vostre coscienze, e sarà parlando alle coscienze vostre che porremo fine al nostro dire.
   < Presumendo la nostra cliente sciente della criminosità delle lettere, si è formo-lata contro di essa un accusa di cospirazione, e di complicità nella cospirazione, senza comprendere che la seconda distruggeva la prima accusa, e che esclusa la prima, la complicità in una cospirazione andava respinta del pari dai precedenti della scienza, e dalla stessa forza della parola. Ma noi non discenderemo in questo campo. La nostra cliente non può accettare transazione. È la sua buona fede che ella tenne a dimostrarvi, e questa buona fede non patisce gradazione. Non è una maggiore, o minor pena, ma il solo vostro dubbio che basterebbe a disonorarla. Nè per la stessa ragione noi verremo a parlarvi dei suoi palpiti, dei suoi dolori, degli otto lunghissimi mesi, non dirò già di prigionia, ma del peggiore dei supplizi, qual e quello di vedersi segno alla pubblica riprovazione, quando si ha la coscienza della propria innocenza.
   « No : non son queste le vie per le quali noi abbiam voluto giungere infino a voi. Voi generosi ed umani, cedereste forse ad un movimento di pietà verso la donna, ma questa pietà non basterebbe a purgarne
   il nome, ed a restituirlo puro di ogni macchia al cospetto dell'Europa, che tiene dal primo giorno della cattura gli occhi fissi su lei.
   « Obliale dunque , signori Giurati, obliate del pari la donna e la dama. Obliate del pari quel che ha sofferto, e quello che spera di voi. Sovvenitevi solo dell'altezza, della indipendenza, della imparzialità della vostra missione Se l'Autorità iuquisitrice si ingannò, è a voi, o Signori, di proclamar quell'errore. E se ella errò nel nobile scopo di tutelar la sicurezza e l'ordine, di cui noi tutti le confidammo la tutela, essa la prima, che non può certamente credersi straniera alla umana fallibilità, essa la prima plaudirà al vostro verdetto, che assicurando il trionfo della giustizia concorrerà con lei alla tutela dell'ordine, e della pubblica sicurezza.
   a E però, giusti ed indipendenti come siete, riandate i fatti della causa—rileggete le lettere, e sotto questa impressione interrogate la vostra coscienza. Se essa vi dirà che la scienza della Principessa è un'assurdità, che la sua incriminazione è qualche cosa di più che un errore—proclamatelo o Signori, e proclamatelo altamente. Sarà così soltanto che la solennità della riparazione uguaglierà la gravezza dei pericoli corsi e delle sofferenze durate.
   IL GIURISTA Napoli 9 Agosto 486$.
   la principessa barberini sciarra
   E i suoi Giudici
   (Coanenl* alla Mntoou di uecua riferii* nei auia. 45 « 46).
   Juititia firmai tolium.
   PlOT. ITI, 12
   S'egli ci avvenga mai di desiderare, che i Giudici non fossero plasmati di umana carne, o che l'urto più o meno sensibile delle passioni non giugnesse ad ombrarne la divina farfalla , lo è per fermo allorché, di seguito a non remote rivolture, fé politiche fazioni tra loro tuttavia cozza-