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Processo fatto subire in Napoli nell'anno 1863 alla Principessa Carolina Barberini Colonna di Sciarra nata Marchesa di Pescopagano
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fesa della principessa Barberini, ella nota com'io nell'impeto della difesa mi fossi lascialo trasportare a dure parole verso il testimone Leanza. Poiché se ciò fosse, io ne sarei oltremodo dolente, sento il debito di dichiarare che non fu mai mio pensiero di mancare ad alcun riguardo di urbanità verso chicchesia. Se dissi che tornando sola col delegalo Leanza da Isoletta, quando il piego non era stato ancora aperto, e soltanto 'era nota la lettera di Roberti, la principessa, ove fosse stata rea, tutto avrebbe dovuto intraprendere, tutto tentare, r fino a offrir parte della sua fortuna a Leanza perchè dal fascio delle lettere scomparisse quel piego, non intesi affatto ritener per questo menomamente corruttibile quel funzionario, ma solo ritrarre dalla calma, dalla dignità, dall'indifferenza, che Io stesso Leanza notò nella mia cliente, la pruova più parlante di non poter ella esser ritenuta conscia che in quel piego si contenesse alcun che di criminoso. Le sarò gra-tissimo, sig. Direttore, se vorrà render pubblica codesta mia dichiariamomi creda.
Suo devotissimo servo Leopoldo Tarantino.
Venerdì 44 Settembre 48634
All'egregio Sig. Direttore del Giornale di Napoli.
Spiegazioni — In seguito alle parole pronunciate nella difesa della Barberini Sciarra dall' avv. Tarantini sul conto del sig. Leanza, fra questi e il detto avvocato furono scambiate le lettere seguenti le quali, sopra domanda del sig. Leanza, facciamo di pubblica ragione :
Napoli, 9 settembre 4863.
Signor Tarantini,
Nel numero 209 del Giornale di Napoli ho letto una vostra dichiarazione, nella quale dite di non aver inteso offender me in nessuna parte della vostra difesa per la Principessa Sciarra. Avendo voi reso ciò di pub-
blica ragione per mezzo del surriferito Giornale, credo non vogliate esser alieno dal farmi tenere una tale dichiarazione da voi firmata ; epperò siccome mi vien riferito da persone che trovavansi presenti alla pubblica discussione che abbiate profferite queste precise parole : Un Leanza, un calunniatore, che la Principessa avrebbe, seavesse sol voluto, comprato con un pugno d'oro, cosi nella lettera vi compiacerete smentirle.
Attendo fino a domani vostra risposta al mio indirizzo al Palazzo Ciccarelli a Piz-zofalcone, ed in difetto mi regolerò nel modo che crederò più conveniente al mio onore.
Credetemi Vostro Dev\
Napoleone Leanza Napoli, 9 settembre 4863.
Signor Leanza.
Mi do tutta la sollecitudine in farvi tenere la dichiarazione che mi chiedete, né dovevate menomamente dubitarne tostochè spontaneamente io avevo creduto doverla pubblicare sul Giornale di Napoli. Chi mi conosce sa che nulla è più contrario alle mie abitudini, qnanto il recare offesa a chicchesia. Piacemi dunque dichiararvi, e dichiararvi formalmente, che i propositi a voi riferiti non furono da me né pensati, né pronunciali. Io mi rispetto troppo per dare ad altrui il titolo di calunniatore, che si potrebbe ben ritorcere contro di me quando io non avessi la coscienza, né adducessi le pruove di quello che dico. Dissi che se la Principessa fosse stata rea, essa avrebbe dovuto ben tentare di sedurvi coll'oro nel viaggio fatto da Isoletta a Napoli. ma ciò non perchè io credeva, o creda meno-menle che voi avreste potuto cedere a tal seduzione, sì bene perchè è nell' istinto umano di tentare ogni via, lecita o illecita che sia, per salvarsi quando si ha la coscienza di esser colpevoli - Se la principessa dunque non tentò nulla di somigliante (e noi tentò certo, giacché in opposto,' voi
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