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Processo fatto subire in Napoli nell'anno 1863 alla Principessa Carolina Barberini Colonna di Sciarra nata Marchesa di Pescopagano
—I nostri lettori non avranno a male che si esponga in breve il fondamento del giudizio — Sul cadere del dicembre 186 ì giungeva in Napoli, chiamatavi per la morte dell'avola, la principessa Sciarra Barberini, e prendeva stanza all'albergo Waaington : il cav. Quattromani ed altri borbonici frequentavano tanto spesso la sua casa da destare i sospetti della Questura, la quale, quando ella partì per Roma, la fè seguire da due delegati di pubblica sicurezza, che presero j posto nello stesso vagone. Giunti ad Iso-letta le fecero conoscere la loro qualità di pubblici funzionar», ed impedendole di proseguire il viaggio la richiesero delle carte che avea seco: s'impossessarono quindi d'un sacco da viaggio, e d'una lettera diretta a Francesco Borbone, e firmata Michele Roberti, in cai questi, rinnovandogli i suoi omaggi di augurio, lo invitava a non desistere. Il sacco da legalmente rovistato
in Questura e vi si trovarono varii plichi, tra i quali uno suggellato all'indirizzo del duca Michele Caracciolo di Brienza nolo reazionario in Roma. Apertolo, vi si rinvennero molte lettere in cifre, che accennavano ad una setta borbonica già costituita, e che non mancava di ramificazioni. Interrogata la Barberini, rispose ignorare il contenuto di quelle lettere, ma averle ricevute dal Quattromani; costui venne arrestato, condotto innanzi alla Sezione d'accusa e quindi rimesso alla Corte d'Assisie.
— Il Presidente riassunse abilmente i fotti che detter luogo all'accusa, ed esortò i giurati a compiere con coscienza il loro mandato Quindi procedette all'interrogatorio della Barberini, che rispose pacatamente alle single domande che le vennero dirette : disse che la letlera a Francesco Borbone aveala accettata perchè non s'occupava di politica ; che dei plichi sugellati ignorava il contenuto ; e cfoe non ha mai lanciato ingiurìe al Re allorquando un suo compagno
di viaggio, vedendo inalberata una bandiera rossa, disse per celia: siamo in Repubblica — All'interrogatorio della Sciarra segui quello del Quattromani. Quindi si passò ad udire i testimoni, ed in prima l'ex delegato Napoleone Leanza, uno dei due che arrestarono la Barberini, essendo l'altro — Alfonso Persico — stato traslocato alla sotto Prefettura di Volterra.
Egli narrò i particolari dell'arresto, e confermò il fatto negato dalla Sciarra, la quale — rispondendo al motto, siamo in repubblica, di un amico — rispose amar meglio questo, che il governo dell'infame Vittorio Emmanuele.
Il difensore signor Tarantini — do^o aver infirmata questa deposizione col far notare che nel rapporto diretto dal Leanza alla Questura, immediatamente dopo l'arresto, non si facea cenno di un affare di sì grave momento, come sono gli insulti al ! Principe — fè dimandare al deponente come i fosse possibile che, mentre il convoglio cor-I reva, e stando diviso da uno scompartimento di legno dalla Principessa, fossegli riuscito di udire le parole che costei pronunziava. — Il Leanza rispose che il convoglio era fermato, e stando col capo spòrto all'infuori da un finestrino del vagone ascoltava sillaba per sillaba la conversazione dei suoi vicini : se avea trascurato quest'incidente nella relazione al Questore, ciò dovea attribuirsi alla stanchezza da cui era preso dopo sette notti di non interrotta veglia :
Poscia venne interrogato il Delegalo ceu-trale sig Poggiali colle Guardie di Pubblica Sicurezza, che presenziarono l'apertura dei plichi: il delegato Tosti, il proprietario dell' Hotel de Wasingkon, e la cameriera di casa Quattromani, Vincenza Fabozzi, non giltarouo molta luce sul processo.
Interrogato il portiere del dello albergo,
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