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Processo fatto subire in Napoli nell'anno 1863 alla Principessa Carolina Barberini Colonna di Sciarra nata Marchesa di Pescopagano


1864, pagine 319

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a cura di Federico Adamoli

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   pioggia, ed il bel tempo, spose, o sorelle dei coosorti. — Seggono al banco della difesa, i Signori Mazzetti giovine, e distinto Aw., Casella, e Tarantini. — Brilla fra tutti l'usciere d'udienza in cravatta bianca, e abito nero. — Ed ha la voce Chioccia come il pape Sa tanna Aleppe.
   La Principessa Sciarra , è una donna di mezz'età; la fronte prominente, gli occhi grandi, lo sguardo intelligente, piccola di persona ; essa è alquanto pallida, ma non abbattuta, nè avvilita.
   Quattromani è ancora vegeto, e robusto, ma cieco. — I giurati prestano il giuramento sul vangelo.
   Si comincia con la lettura della sentenza di accusa — finita questa lunga e noiosa lettura, si passa a leggere l'atto di accusa del signor Cav. Giannuzzi-Savelli.
   In questo istante arriva il lungo Consigliere eletto Pandola, e gli si dà una seggiola accanto ai Consiglieri.
   Un altro Consigliere ex il sig. Pepere appare proprio alle spalle, a tergo del Presidente. L'Autore delle modeste e lagrime-voli esequie, e siccome non è un Pandola resta sulle sue gambe.
   Il Presidente che si avvede d'esser riuscita nojosissima la lettura de' documenti riassume egli le pruove dell' accusa, con le dotte forme cotanto encomiate dal deputato Ranieri.
   Il reassunto dura tre quarti d'ora. — Si legge la lista dei testimoni, ne mancano taluni — si citeranno.
   Sorge discussione se debba leggersi, o chiamare un tal Persico.
   Il Presidente chiede dalla difesa se vuol consentire alla lettura delle dichiarazioni dei non comparsi testimoni.
   Tarantini fa delle riserve, ma poiché il presidente dichiara che sospenderebbe la la discussione per far citare di nuovo i testimoni, la difesa consente.
   Si procede all'Interrogatorio della Principessa Sciarra.
   A tutte le dimande del presidente dà chiare, e nette spiegazioni con voce franca, e leale.
   Alla dimanda se vedeva la famiglia dei Borboni in Roma, risponde:
   Matto. — Io non ho nessuna obbligazione verso i Borboni.
   Sulle lettere in cifre, dice: Le portai perchè fui assicurata che nulla contenevano contro il governo.
   Interrogatorio del Cav. Qualtromani.
   Si spazia sulla conoscenza della Sofia de Medici; la dipinge bacchettona, fanatica.
   Monsignor de Ruggiero era conoscenza sua e non amico.
   In quanto all'autore delle lettere in cifre, essendo ora conosciuto, secondo la perizia, che le scrisse Sofia de Medici, sospetta essa come fabbro dell'inganno.
   Dimanda la difesa:
   S'interroghi Quattromani se come affermava la Principessa, ch'ella prese le lettere del Quattromani dopo le assicurazioni di costui che nulla contenessero di criminoso.
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