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2. U angolo di riflessione è uguale all' angolo di incidenza.
Una superficie di un corpo che non sia levigata, ma scabra, si potrà immaginar costituita da un'infinità di piccole superfici piane levigate, cosicché la luce proveniente da un luogo qualunque, da un oggetto qualunque illuminato o luminoso, verrà a riflettersi su tutte quelle piccole superfici in una infinità di direzioni. Si dice che il corpo diffonde la luce ricevuta ed il fatto riceve il nome di diffusione. E in fondo la diffusione che rende illuminato un corpo.
§ 193. Specchi. — La superficie ben levigata di un corpo opaco atta, per quanto abbiamo detto, a riflettere la luce, si dice speculare, ed il corpo al quale la superficie stessa appartiene riceve il nome di specchio. A seconda della forma geometrica di tale superficie lo specchio sarà piano o curvo. Se la superficie curva è incavata, lo specchio si dice concavo; se è prominente, lo specchio si dice convesso.
Se 1' andamento curvo à quello di una superficie sferica, Io specchio si dice sferico ; se è quello di una superficie cilindrica, si dice cilindrico ; se è quello di una superficie conica, si dice conico, e cosi via per altre forme.
Non è fuor di luogo notare, che, per quanto trasparente, un corpo non ha mai la trasparenza assoluta, e quindi, in misura più o meno forte, la luce che ne investe la superficie, subirà la riflessione. Sono deboli specchi, come ognuno ha avvertito senza dubbio frequentemente, anche le ordinarie lastre di vetro.
§ 194. Specchi piani. — Abbiamo detto che se un oggetto luminoso si trova di fronte ad un corpo a superficie scabra, illumina questo corpo per il fenomeno della diffusione.
Ma se 1' oggetto si pone di fronte ad uno specchio piano, si nota il fatto sempre singolare ed attraente, per quanto di osservazione comune e quotidiana, del ripetersi, per così dire, dell' oggetto al di dietro dello specchio. Oltre all'oggetto vero e proprio, apparisce al di dietro dello specchio, purché questo
si guardi nella sua parte A'
anteriore, l'oggetto stesso '
riprodotto con tutti i suoi particolari di forma e di colore. Si forma, come si suol dire, una immagine dell'oggetto.
Ci vuol poco a capire che si tratta di una illusione pura e semplice; prova ne sia che guardando la regione di spazio situata al di dietro dello specchio nulla in essa si trova di ciò che apparisce guardando la parte anteriore dello specchio. La immagine si dice perciò virtuale.
Ma da che cosa dipenderà mai tale illusione? Dal fatto puro e semplice di riflessione della luce, e da una particolarità di comportamento del nostro occhio che è bene chiarire fino da ora, perchè altri fenomeni dovranno in seguito spiegarsi basandosi su di essa.
La particolarità è questa: l'occhio attribuisce sempre alla luce che Io investe la direzione ultima che essa ha quando lo penetra. Per intenderci, supponiamo che con artifici opportuni, ad un raggio di luce partente dal punto luminoso A si riesca a dare il cammino tortuoso rappresentato dalla Fig. 301, per modo che la direzione del tratto