Sulla storia de' mali venerei di Domenico Thiene

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      Venere allo stesso oggetto, le quali n' erano anche le sacerdotesse. La morale del Governo Ateniese avea proibito alle cortigiane l'entrare in città; ma poi la politica Io costrinse ad accordar loro d'abitare i sobborghi, a subordinarle al tribunale de' Triumviri, e ad assoggettarle a un vestito distintivo, ch'era quello della veste fiorata. Eppure in onta a tali discipline le Laidi, le Frini, le Leonzie, e tante altre aveano le loro porte affollate dal fior della greca gioventù, e la loro tavoletta era perfino o-norata da Arconti, Oratori , Filosofi e Re medesimi (172).
      I Romani, che co' tesori e colle arti della Grecia e dell' Asia aveano portato nella lor patria anche il lusso ed il gusto de' piaceri , permisero la pubblica prostituzione sull' esempio e colle forme della Grecia loro maestra. In fatti gli scrittori romani ci fanno sapere, che qualunque donna voleva darsi al pubblico, dovea prima far iscrivere il proprio nome sul ruolo degli Edili, cioè farsi, matricolare: appendere all' abitazione un cartello col nome, età e prezzo de'suoi favori: portare per a-bito caratteristico la toga, vestito aperto davanti, a differenza della stola propria delle donne oneste , ch'era tutta serrata: tenere una capigliatura di color biondo, quando quella delle altre era negra: e finalmente il quartiere destinato a tal professione essere stato la suburra, e la surnmoenia, cioè sulle mura della città, come d'ordinario fu usato anche a'tempi moderni (173).


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Sulla storia de' mali venerei
Lettere
di Domenico Thiene
Missiaglia Editore
1823 pagine 303

   

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