Sulla storia de' mali venerei di Domenico Thiene

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      attribuita da Cicerone (86) alla sua turpe intemperanza, non potrebbe ripetersi da quella voluttà che egli per principi filosofici predicò, e che per coerente condotta assaporò spezialmente, approfittando de' favori, che non difficilmente gli avranno accordato le sue scolare Filenide, Nacidia, ed altre già celebri non so se più per dottrina, o per disonestà? Altronde chi conosce la storia antica non può ignorare quanto in allora fosse comune la venere pandemia e la pederastia : oratori, poeti, comici, e tutta la sorte di scrittori si scagliarono contro vizii cosi abbominevoìi non solo come autori di mali morali, ma anche fisici. Lasciando da parte i cenni cauti che ne fanno Platone, Dione Crisostomo e s. Paolo, riporterò alcuni di quelli che sono notorj a tutto il mondo letterario.
      Giovenale, sferzando le oscenità già divenute comuni fino ai più piccoli villaggi, rimprovera ad un infamato Cinedo socratico i condilomi, che gli vennero tagliati via dal podice fra le derisioni del chirurgo (87).
      Ognuno sa, che Marziale acremente scherza sul doppio significato de' fichi, facendo la distinzione tra i fichi che Ceciliano avea nell'orto, e quelli che aveva in dosso. Non è men cognito l'altro e-pigramma, in cui il medesimo satirico beffeggia una famiglia tutta ficosa, dicendo essere cosa maravi-gliosa, che avendo fichi la moglie, il marito, la figlia, il genero, lo spenditore, il servo, il boaro e tutti o vecchi o giovani, il Bolo campo .non abbia


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Sulla storia de' mali venerei
Lettere
di Domenico Thiene
Missiaglia Editore
1823 pagine 303

   

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