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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ATTO TERZO — SCENA VIH.
   Ili
   235
   Veglia eterno lassù vendicatore
   I )ella superbia. Onoralo, sorella ! Temilo, questo Iddio, questo tremendo Che m'atterra al tuo pie ! Per gli stranieri
   22o Ohe ne stanno d'intorno, in me rispetta La tua sacra persona, e non ti piaccia Che sia contaminato e vilipeso
   II sangue de' Tudorri, il regio sangue Ohe ne scalda le vene ! — O Dio del cielo !
   225 Xon farti inaccessibile e spietata
   Come scoglio nell'onde, a cui s'aggira Con fiacca lena e con protese braccia Il naufrago morente, e non l'afferra. La mia povera vita., il mio destino 23' I )al mio labbro dipende e dalla forza Delle lagrime mie ! Scioglimi il core ! Dammi ch'io mova, intenerisca il tuo ! Se lo sguardo di ghiaccio in me tu volgi L'anima mi si chiude, inaridisce Il dolor sulle ciglia, e m'incatena Un freddo raccapriccio ogni preghiera.
   Ei.isab. (fredda ed altera)
   Ohe v'aggrada, o Maria? Di favellarmi Chiesto m'avete. La sovrana oblio, Oblio l'offesa, e l'umile adempiendo Officio di congiunta, io vi conforto Di mia regia presenza. Un generoso Sentimento secondo, e nel merlato Biasimo incorro d'abbassarmi a troppo. Perocché (vi rammenti !) i giorni miei Fùr da. voi minacciati. Maria Onde poss'io
   Movere la. favella, e collocarne In modo sì felice ogni parola Che penetri il tuo cor senza irritarlo? — Avvalora il mio labbro, o Dio pietoso, E ne togli ogni strai che la sorella Offendere potesse ! — Io non ti posso I miei mali narrar senza ch'io debba
   Schiller. _ Maria Stuarda.
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