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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ATTO SECONDO — SCENA TX.
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   limo
   Pereh' io la, vegga.
   Leicest. Ah sì ! come un favore
   La, Stuarda l'invoca? e tu l'accorda Come un castigo. Le saria inen grave Di vedersi tradotta, al manigoldo. Che soverchiata dalla tua bellezza ! Tu l'uccidi così com'ella volle Uccider te! Se 1' invida ti vede In tutto il vezzo della tua persona, Dal decoro guardata e posta in seggio Dalle caste virtù clie l'impudica Imbrattò con volubili adulterj ; Se precinta ti vede ed irraggiata Dal diadema regale, ingentilita Ter cari modi di novella sposa... To giunta per Maria l'ora suprema ! Più ti guardo, o reina... Ali, mai non fosti D'un trionfo più certa ! Li stesso, io stesso Rimasi al tuo venir come abbagliato D'un'angelica forma!... Oh! se tu cogli Questo momento, e qual tu sei le appari, Un istante miglior...
   Eeisab. No... no, Ruberto...
   Non ora... Io vo' pensarvi, e con Cecilio...
   Leicest. (vivace) Cecilio? A quel severo altro non cale Che l'utile del regno. Ha la tua gloria Femminile i suoi dritti: e questi dritti S'attengono a, te sola, al tuo giudichi. Non a senno di Stato. E l'arte istessa. Che fa più saldo dei monarchi il trono. Non ti move a vederla? a guadagnarti Con questa generosa opra, la plebe? Della tua prigioniera indi potrai Liberarti a tuo grado..
   Elisab. A me disdice
   Il veder nell'obbrobrio e nel disagio Una stretta congiunta. Intorno a lei Nulla sta di regal : la sua miseria Mi sarebbe, o Ruberto, una rampogna.