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MARTA STI- ARDA
Mortim. Questi, o signore.
Recateli voi stesso ! Io mi [iròl'ersi Come si romeni o della sua, salvezza. Non come vile messagger d'amore, (parte)
SCENA IX. Elisabetta. Leicester.
Ei.isab. (gli soprarriva alle spalle) ,4:' Ch'i da voi si partì? chi favellava? Leicest. (si volge rapido ed atterrito)
Mortimero. Elisab. Che fu? perchè vi trovo
Sbigottito così? Leicest. (riavutosi) Pel tuo sembiante! Ah, mai non ti vid' io più lusinghiera ! Sono abbagliato dalle tue bellezze.44 950 Misero !
Elisab. Sospi rate? Leicest. E non ho forse
Cagion di sospirar? Nel vagheggiarti .Mi si rinnova l' infinito affanno Della perdita, ohimè, che mi sovrasta ! Elisab. Che perdete?
Leicest. 11 tuo cor ! la tua persona !
S3S Tu godrai fra non molto i giovanili Abbi accia menti d' un ardente sposo. E darai del tuo core a quel felice Indiviso il possesso. Egli è progenie Di monarchi : io no '1 son : ma l'universo 960 Per me ti dica, se mortai respira
Che di me più t'adori ! Il franco duca
44 Pare un po' ili rovai in ile che Elisabetta meni per bau ua questa scusa. Il dialogo però e ottimamente condotto e la doppiezza di Leicester c la vanità femminile di Elisabetta sono messe in bella evidenza.