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MARTA STI- ARDA
E cosici inni declinai a gran giornate Verso la tomba? Tu, per Dio lo spero ! 390 Calcherai lungamente il suo sepolcro, Senza che a lei lo scavi, e la a*ì getti Colle proprie tue mani.
Cecilio In questo avviso
Sempre il conte non fu.
Leicest. Per la sua morte
lo votai nel Giudizio: or nel Consiglio 395 Diversamente favellar m'udite.
Ma qui l'utile parla e tace il dritto. — È tempo or di paure? è questo il tempo Di temer la Stuarda? Or che la Francia (Unico ajuto!) l'abbandona, e sposa 41,11 All'augusto suo figlio Elisabetta?
Or che la speme a questo suol verdeggia D'una potente dinastia novella? Lo spegnerla che giova? Ella è già spenta. La verace sua morte è lo sprezzarla. 405 Basta che la. pietà non la richiami Ai primi abusi della vita. Il mio Pensiero è questo: La mortai sentenza, Che la scema, del capo, in piena forza Sussista. Viva, sì! ma sotto il ferro 410 Vivo del manigoldo., e al primo, braccio Che disnudi un acciaro in sua, difesa Sopra il capo le piombi !
Elisar. (si almi I vostri avvisi,
O signori, ho raccolto, ed al comune Zelo ringrazio. Col divino ajuto, 445 Che l'intelletto de' monarchi illustra,
Farò la scelta del miglior consiglio 19. ---)
19 Esamino con attenzione i tre discorsi di Cecilio, di Talbo c di Leicester. Il primo è quale dev'essere quello di iih cortigiano zelante, freddo, feroce e decisamente avverso a Maria e quindi schietto, preciso, crudele; il secondo tutto materiato di bontà, di sane massime e di oneste ragioni, umano. nobilissimo ; il terzo sforzato, cavilloso, insincero, fatto per