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Maria Stuarda
Tragedia in cinque atti
Federico Schiller
Editore Remo Sandron, 1925, pagine 171

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   ATTO SECONDO -- SCENA 111
   63-
   Lkicust. Io stommi
   355 Mutolo di stupore, e non comprendo Come di tanti sogni e di paure T'assordino gli ore colli ; e queste fole, Ohe pei trivj di Londra ad ogn' istante Turbano i petti ai creduli plebei, si» Giungano ad offuscai' le chiare menti De' tuoi savj ministri, a farsi obbietto Di profonde parole e di consigli. Meraviglia mi prende, io lo confesso, Come un'orba di regno, una rejetta, sei Che serbarsi non seppe il picciol trono Che male ereditò, ludibrio e scherno De' suoi vassalli, e dalla patria espulsa, Diventi, prigioniera, il tuo spavento. Ohe la rende, o regina,, agli occhi tuoi s7o Terribile cosi? Le sue ragioni
   Sull'inglese corona? o non saperti Riconosciuta dagl'imbelli Guisa? 17 Ponno forse costoro affievolirti Coll'audace rifiuto i sacri dritti 875 Ohe ti dièro i natali, ed un solenne Atto ti sigillò 18 del Parlamento? Col non pur ricordarla, il grande Arrigo Non la escluse, testando? E l'Inghilterra, Illuminata dalla vera luce, Seguirà l'idolatra? o, te lasciando, Benamata regina, ella darassi Alla perversa, che il marito uccise? A che mirano mai gli affaccendati Ohe volgono, te viva, il lor pensiero Ad eredi futuri? e cui già tarda Di non vederti a, iniziai banchetto? Non se' tu nel vigor di giovinezza?
   380
   17 Dagl'imbelli Guisa?: V. Atto I, n. 21. L'epiteto d'imbelli veramente non si conviene ai Guisa, ma bisogna tener conto che è un cortigiano che parla.
   u ti sigillò: ti approvò, ti ratificò.