ATTO SECONDO -- SCENA 111
61-
Manchevole ad una soffio e vacillante, Sostenerti non dei. La tua clemenza Segui animosa. Nel femmineo petto Il rigore e l'asprezza Iddio non pose: E chi primo gittò le fondamenta Di questo soglio, e la suprema, verga Anche alla destra femminil concesse, Mostrò che l'inclemenza, esser non debbe Una virtù de' principi britanni.
IOlisab. Ben caldo difensore è il conte Talbo Della nemica, dello Stato e mia ! lo m'attengo piuttosto a, chi consiglia Per la mia sicurezza.
. Talbo Una difesa,
A lei non si concede, ed noni non osa, Favellando a- suo prò, di concitarsi La tremenda, ira tua : dunque a me lascia, A me canuto e già presso alla tomba, Nè più blandito da terrena, speme, La difesa di questa, abbandonata,. Deli ! non si dica, che nel tuo consiglio L'astio, la, cieca pass'ion parlasse, E l'amor di se stesso ; e non tacesse Glie la, sola pietà. Tutto congiura,, Tutto, o regina, a danni suoi ! Tu stessa Non vedesti il suo volto, e nulla al core Ti ragiona p^r lei. Delle sue colpe Non fo la, scusa. Il pubblico le appone La morte del marito. Il ver non dubbio È che la destra all'uceisor prof erse. Grave delitto ! ma, commesso in tempi Agitati, infelici e nel tumulto D'una guerra, ci vii. La, paurosa. Da prepotenti sudditi, assalita, Si gittò del più forte in fra, le braccia. E chi sa da, qua! arti affascinata, ! Poiché la donna, è creatura frale.
Elisab. Non è frale la, donna! Eccelse, invitte Alme si danno nel femmineo sesso.